
Nota biografica su Nino Rota
Nato a Milano nel 1911 e figlio di una brava pianista, Ernesta Rota Rinaldi, Nino Rota dimostrò una precocissima attitudine alla musica; anche il nonno materno era stato un compositore piuttosto apprezzato dell’ 800 italiano. Nino recepì in toto l’eredità familiare, tanto che la prima esecuzione pubblica di una sua opera, “L’infanzia di San Giovanni Battista”, un Oratorio per soli coro e orchestra, avvenne nel 1923, quando aveva appena dodici anni. Torneremo più avanti su questo primo episodio.
Le tappe della sua formazione
Già dai titoli di studio che conseguì Nino Rota, si può intuire la statura della sua personalità culturale e della sua curiosità di uomo: si diplomò, infatti, in composizione con Alfredo Casella e si laureò contemporaneamente in Lettere all’Università di Milano.
Le premesse giuste per una vita professionale carica di interessi e impegni. Sicuramente il ‘palmares’ più ricco, almeno sotto il profilo delle soddisfazioni pubbliche, è quello che riguarda, appunto, la sua attività di musicista per il cinema: per darne una definizione in termini di quantità, possiamo dire che Nino Rota ha firmato circa 140 colonne sonore.
Nino Rota e il cinema
Nino Rota, non solamente collaborando con cineasti italiani, viene spesso chiamato a far parte del cast artistico di importanti produzioni internazionali.
Qualche esempio:
- “Guerra e pace”, un film realizzato da King Vidor nel 1956, tratto dal romanzo di Tolstoj, per il quale Rota scrisse un commento che ebbe, a livello internazionale, ancora maggior successo del film (includendo un “Valzer di Natascia”, il personaggio interpretato da Audrey Hepburn);
- “La leggenda della montagna di cristallo”, di Henry Cass, uno dei più grandi successi degli anni ’50;
- “Romeo e Giulietta”, di Zeffirelli ma di produzione inglese,
- “Il Padrino” di Francis Ford Coppola,
- “Waterloo” di Bondarciuk.
Nino Rota e Federico Fellini
Sicuramente il fiore all’occhiello della carriera cinematografica di Nino Rota consiste nella sua lunga e particolare collaborazione con Federico Fellini. Particolare perché, per stessa ammissione del grande regista, molte atmosfere, molti spunti cinematografici, molte situazioni drammaturgiche, venivano fuori da riflessioni comuni, da emozioni che una prima idea musicale ispirava.
Spesso Rota parlò del suo lavoro per la cinematografia come di un mezzo che gli aveva permesso di dedicarsi alla composizione di brani sinfonici o di opere: infatti la fama e il grande successo anche economico che gli provenivano da quello, gli consentivano di impiegare parte del suo tempo e delle sue energie per questo.
Gli altri lavori di Nino Rota
Nello splendido panorama classico di Rota si contano più di cento fra opere, balletti, lavori cameristici e sinfonici, messe e oratori quasi tutti regolarmente eseguiti. E alcuni di questi godono di una certa popolarità come l’opera “Il cappello di paglia di Firenze”, su libretto di Eduardo De Filippo.
Un ulteriore aspetto, forse meno conosciuto di altri, della sua attività musicale, è quello del forte impegno nel campo della didattica: per più di vent’anni, infatti, Rota è stato direttore del Conservatorio di Bari; dando una spinta determinante alla valorizzazione degli spazi musicali del Mezzogiorno e alla scoperta di giovani talenti. Un nome per tutti, Riccardo Muti.
L’Infanzia di San Giovanni Battista
Il 22 aprile 1923 presso l’Istituto dei Ciechi di Milano, fu eseguito l’oratorio L’infanzia di San Giovanni Battista, composto da un bambino di undici anni: Nino Rota Rinaldi. La notizia si diffuse ben presto in tutto il mondo e il New York Times riportò l’evento corredandolo di una foto, in cui si vede il bimbo – compositore nell’atto di dirigere i complessi orchestrali e corali.
La mamma del Musicista, l’ottima pianista Ernestina Rinaldi fu la sua prima insegnante; ella era, a sua volta, figlia del didatta Giovanni Rinaldi, pianista e compositore, soprannominato lo Chopin italiano in area tedesca.
La scelta sapiente di sua madre
Grazie all’intelligente opera della signora Ernestina, il piccolo Nino non si trasformò in un fenomeno da baraccone, perché fu presto avviato verso seri e qualificati studi sotto la guida d’insigni maestri.
Nel 1925, fu la volta de Il principe porcaro, opera in tre atti, da Andersen, mentre intraprendeva severi studi di Composizione privatamente a Milano con Ildebrando Pizzetti, e successivamente a Roma, con Alfredo Casella, dove si sarebbe diplomato nel 1929, appena diciottenne.

Nino Rota e Arturo Toscanini
Entrò in contatto coll’intellighenzia musicale dell’epoca, che non mancò di esprimergli profondi sensi di stima, e su consiglio di Arturo Toscanini si trasferì negli Stati Uniti, per studiare presso il Curtis Institute di Philadelphia sotto la guida di Rosario Scalero per la Composizione, Fritz Reiner per la Direzione d’orchestra e Johann Baptist Beck per la Storia della musica.
Nel 1932, il Maestro rientrò in Italia, inaugurando un periodo creativo assai proficuo soprattutto nell’ambito della musica da camera come il Quintetto (1935), la Sonata per viola e pianoforte (1937), la Sonata per violino e pianoforte e quella per flauto e arpa (1937) ed infine la Sinfonia in sol (scritta tra il 1935 ed il 1939), che furono eseguiti nelle più importanti sedi concertistiche italiane.

Nino Rota e Gianandrea Gavazzeni
Grazie poi alla pubblicazione dei suoi lavori da parte di alcune case editrici, ben presto il nome di Rota divenne familiare e fu segnalato quale «una delle così più pure tra quante ve n’è di giovani nostri musicisti» dal celebre Maestro Gianandrea Gavazzeni, il quale, recensendo la Sonata per flauto e arpa, scrisse:
«È forse la misura più perfetta offerta da Rota. Sembra la somma poetica dell’autobiografismo, della verità, dell’inventare di Rota. Sue parole, veramente, discorsi soltanto suoi. Perché non dirlo? Qui pare il fiottar di voce d’un Ravel italiano, arcaico, intimissimo; d’uno che ha inventato uno stile prima inesistente. E la “Sonata” ha tutta l’aria di voler rimaner ben ferma nella musica italiana moderna1».
La Laurea in Lettere
Nel 1937, il Maestro completò la sua formazione anche di fine umanista, laureandosi in Lettere presso l’Università di Milano con una tesi musicologica sul teorico cinquecentesco Gioseffo Zarlino.
Intraprese l’attività di didatta insegnando Armonia presso il Conservatorio di Taranto e, nel 1939, si trasferì in quel di Bari. Più tardi, assumerà la Cattedra di Composizione e dal 1950 fino alla morte (giunta l’11 aprile del 1979) svolgerà appunto l’incarico di Direttore.
Il primo incontro di Rota con il cinema
Negli anni ’30 avvenne l’incontro col cinema, che segnerà inequivocabilmente il percorso compositivo del Maestro, il quale nel 1933 scriverà la colonna sonora per Treno popolare di Raffaello Matarazzo, che risultò un fiasco colossale. Ed è forse anche per ciò che Rota si tenne ben lontano per un decennio dal mondo della cinematografia.
Il ritorno dopo 9 anni…
Solo nel 1942, riprenderà i rapporti, componendo le musiche per Giorno di nozze e Il birichino di papà, sempre dello stesso Matarazzo, e Zazà di Renato Castellani. Sarebbe stato il definitivo indirizzo, che avrebbe portato il Maestro a comporre quasi centoquaranta colonne sonore in trentasei anni d’attività.
Rota aveva la preziosa facilità di essere un grande improvvisatore di melodie al pianoforte, dote che lo rendeva prezioso agli occhi dei registi, con cui collaborava.

Fedele D’Amico raccontò un episodio, di cui fu testimone.
Nel 1942-43, incontrò il Rota a Cinecittà, che si stava recando sul set di Zazà e così lo accompagnò, non pensando che avrebbe assistito a un vero prodigio musicale. Il Maestro si mise al pianoforte e improvvisò cinque canzonette in perfetto stile Belle Epoque, epoca in cui sarebbe stato ambientato il film. Il celebre musicologo divenne intimo amico del Rota, del quale svelò il candore, l’ingenuità nei confronti di banali situazioni della vita quotidiana.

La stessa opinione sarebbe stata espressa dal “Maestro di color che sanno”, Federico Fellini, il quale qualche giorno dopo la morte di Rota commentò:
«Nino non aveva orologio, non sapeva mai che giorno fosse, anzi non sapeva neanche che mese fosse. Credeva che le ore venti fossero le dieci e così un giorno, che doveva prendere l’aereo per Zurigo alle venti e trenta, si presentò all’aeroporto alle ore ventuno e un quarto, convinto di avere ancora un bel po’ di tempo per bersi un cappuccino e comprare dei giornali. Alle dieci passate, si presentò al banco delle informazioni per sapere se c’era qualche ritardo. Il Musicista, ingiustificatamente, se ne ebbe a risentire con l’addetto, quando un’anziana signora s’intromise, spiegando all’inviperito passeggero che in Italia le venti fossero le otto. Rota rispose candidamente di asserire che le diciassette fossero le sette, le diciotto le otto e così via».

Il Regista nell’articolo L’amico magico, insistette sulla
«aria un po’ fatata di questo omino mite, gentile, sempre sorridente, che cercava di uscire da porte che non c’erano e che dava la sensazione a volte di un bambino che attraversasse il Tritone in un momento di traffico caotico. Non vorrei essere frainteso. Non era una sorta di maghino. No, tutt’altro. Era l’uomo più preciso, più puntuale, più presente e pronto che si potesse incontrare. Quando si presentava l’occasione, o anche quando l’occasione non si presentava, diceva delle cose acutissime, profonde, dava giudizi di un’esattezza impressionante sugli uomini e sulle cose. Come i bambini, come gli uomini semplici, come certi sensitivi, come certa gente innocente e candida, diceva cose abbaglianti.
Era una vera gioia lavorare con lui. La sua creatività te la sentivi così vicina che ti comunicava una sorta di ebbrezza fino a darti la sensazione che la musica la stessi facendo tu. Entrava nelle atmosfere, nei personaggi, nei colori dei miei film così pienamente da permearli della sua musica».
La collaborazione artistica tra i due Maestri s’inaugurò nel 1952 con Lo sceicco bianco (protagonista Alberto Sordi) e sarebbe proseguita fino all’anno della morte del Compositore.
Il grande successo commerciale di alcuni film, ridussero il Rota all’«autore delle musiche di Fellini», dimenticando la collaborazione con Luchino Visconti per Il Gattopardo e quella con Franco Zeffirelli per Romeo e Giulietta, ma soprattutto dimenticando – come abbiamo già detto – la notevole produzione di musiche da camera, opere, balletti e musica sacra.
Nino Rota e La Pappa col pomodoro
La critica accigliata non perdonò al Maestro di essere stato l’autore de La pappa col pomodoro portata al successo da Rita Pavone; e di aver utilizzato uno stile molto legato alla tradizione, così diverso – rivelò Fedele D’Amico in Un musicista autentico – «rispetto alla musica dei contemporanei, per la maggior parte fatta di critici della musica, di virgolette, di citazioni, di ripensamenti e non di gettiti spontanei. La musica di Nino è, invece, una musica senza virgolette e, perciò, tale da poter restituire i sentimenti grandi o piccoli nella loro immediatezza, nella loro spontaneità».
Nino Rota e i suoi colleghi dell’epoca
Dai colleghi fu giudicato con sufficienza, quasi un anacronistico sopravvissuto, che scriveva per il cinema, adoperando nella musica seria il suo personale linguaggio interiore, unico e originale.
Il 21 aprile 1955, il Teatro Massimo di Palermo presentò la prima de Il cappello di paglia di Firenze, composta molti anni prima, che colse un incredibile successo; innegabili sono i riferimenti all’opera buffa di Gioachino Rossini, delle quali si trovano atmosfere, stilemi e citazioni.
All’interno delle colonne sonore chiari sono gli omaggi ai compositori del passato e lo stesso Rota precisò al musicologo Leonardo Pinzauti:
«Io ascolto tutto e se dovessi passare un esame puramente auditivo, forse dimostrerei di conoscere più cose io dell’avanguardia di oggi, che non gli specialisti…Quindi, se so d’essere un peccatore, i miei peccati non sono d’ignoranza. Ascolto, difatti, e avverto gli elementi che eventualmente potrei far miei».

Il sapiente e saggio uso di elementi tematici di altri compositori e, soprattutto, il ricorso all’auto-imprestito per alcuni temi del Padrino non gli valsero l’Oscar, assegnatogli però nel 1975 per il secondo racconto della Trilogia.
Confessò il Maestro a Lorenzo Arruga in merito alla sua tecnica ispirativa:
«Sono convinto che in musica il plagio non esiste. È materiale musicale a disposizione: se uno lo prende e lo fa suo, resta la gratitudine che il nuovo autore deve avere per il vecchio, ma che cosa di più bello fra noi e la musica?»
Angelo Foletto, critico musicale, diede ragione al Maestro, scrivendo:
«Non esistono plagi, riferimenti, ma solo l’autorità di un compositore che potrà sfiorare molte cose, ma al momento giusto le rende soltanto sue, originalissime ed inconfondibili».
Interessante anche il giudizio espresso dallo scrittore Giorgio Vigolo nel 1957 dopo il balletto Rappresentazione di Adamo ed Eva:
«Nino Rota è un musicista che la sa più lunga assai di quanto la sua ingenuità apparente, il suo gusto per la grazia e la semplicità potrebbero far supporre. Nino Rota è oggi un musicista quasi paradossale coi tempi che corrono, il quale, in un certo senso, sta facendo una sua, sia pure modesta rivoluzione nella rivoluzione, come lo fanno sempre quelli che riportano un senso di chiarezza in tempi di confusione; egli tiene ancora accesa la fiammellina della buona musica contro coloro che soffiano a pieni polmoni per smorzarla».
Il pensiero di Nino Rota, dalle sue stesse parole

Concludiamo questo nostro breve articolo colle stesse parole del Maestro a mo’ di commiato:
«A nessuno certo penserei di suggerire il mio comportamento: del resto, se io scrivo musica in un certo modo, non dico mai che gli altri dovrebbero fare come me. Ma se uno mi domanda quali sono i musicisti più significativi del Novecento, io risponderei con una frase vecchia, che forse non si dovrebbe dire. Direi: i più significativi musicisti del Novecento sono quelli che esprimono una personalità inconfondibile».
Chissà se il Maestro si accorse che stava parlando, in fondo, anche di sé.
(1) Brevi capitoli su Nino Rota (in Gianandrea Gavazzeni, Musicisti d’Europa. Studi sui contemporanei, Milano, Suvini Zerboni, 1955)
La musica da camera di Nino Rota
Quintetto
Sonata per viola e pianoforte
Sonata per violino e pianoforte
Sonata per flauto e arpa
Sinfonia in sol
L’opera e balletto
Il cappello di paglia di Firenze
Rappresentazione di Adamo ed Eva
Musica da film
Lo sceicco bianco di Federico Fellini, tema principale
Romeo e Giulietta di Franco Zeffirelli, colonna sonora
Il padrino di Francis Ford Coppola, colonna sonora
Qui il video dell’assegnazione del Premio Oscar a Nino Rota.
Film completi
Zazà di Renato Castellani
Il Gattopardo di Luchino Visconti
La canzone
Il Maestro Riccardo Muti ha presentato un’ampia raccolta delle colonne sonore dei film di Nino Rota, di cui consigliamo per intero l’ascolto qui.
Siti consigliati
Biografia: https://www.treccani.it/enciclopedia/nino-rota_%28Enciclopedia-Italiana%29/
A cura di Alessandro Di Adamo
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