Esercizio per scala maggiore e scala di settima dominante

Se la tua curiosità è di saperne di più sulle diverse scale musicali, eccoti un’utile e immediata guida, a Roma si direbbe “fatta con l’Intelligenza (Ar) naturale…” :))

Scherzi a parte, l’obiettivo è presentarti in modo chiaro, e possibilmente interessante, grazie anche a esempi reali e brani noti, le scale che si utilizzano e si ascoltano nella pratica musicale di tutti i giorni. Quello che NON troverai è un freddo elenco di tipo accademico o enciclopedico.

Trattandosi semplicemente di note in sequenza, ogni scala crea e si caratterizza per un proprio “suono” ben riconoscibile. Ed è questo l’aspetto davvero importante e determinante “da far entrare nella testa”.

Se il tuo obiettivo quindi – al di là della conoscenza teorica – è avere un’idea chiara di “cosa” rappresenti musicalmente quella particolare sequenza di note, sei nel posto giusto!

Indice del contenuto dell’articolo

Per orientarti tra tanti nomi e avere così le idee chiare sia sulle scale maggiori e minori, sia su altre tipologie come la scala esatonale, le scale modali, la pentatonica, la scala blues e le varie scale che la teoria per comodità ha classificato con il nome di “scala be-bop”, di seguito troverai:

  • il nome di ogni nota di ciascuna scala;
  • un riferimento costante, per comodità, alla nota di partenza Do;
  • il grado e l’eventuale aumento o diminuzione di tono in base a ciascuna tipologia, così da permetterti agevolmente di ricavare anche in autonomia le scale in ogni tonalità;
  • file audio e video con temi musicali molto noti, contenenti le scale proposte o ampi frammenti delle stesse.

Ecco l’elenco dei vari tipi di scala musicale presentati in questo articolo: se hai fretta e non puoi leggere tutto, con un semplice clic puoi andare intanto direttamente alla scala che più ti interessa.

Scala maggiore o modo ionico

Do Re Mi-Fa   Sol La Si-(Do)  —>  1 2 3 4   5 6 7(8)

È la scala musicale sicuramente più conosciuta e quotidianamente “praticata”, almeno nel mondo occidentale.

Nel sistema “modale” corrisponde appunto al primo dei 7 modi, il modo ionico.

Come avevamo già scritto qui, si caratterizza per una struttura modulare estremamente geometrica, cioè con i primi tre suoni perfettamente distanziati di un tono rispetto al quarto, che dista invece solo mezzo tono dal terzo.

Lo stesso “meccanismo” si ripete in maniera identica con le note 5, 6 e 7 perfettamente distanti tra loro di un tono e con l’ottava nota che ricade mezzo tono dopo la settima.

La scala maggiore di Do sul pianoforte

Visivamente la scala maggiore è quella che “spiega” nel modo più intuitivo possibile il perché, guardando la tastiera di un pianoforte – che sui tasti bianchi per ben 7 volte ripete la scala maggiore di Do – spicca l’assenza di un tasto nero proprio tra le note Mi e Fa, nonché tra Si e Do. Questo proprio perché sono le uniche distanti mezzo tono (MT), a differenza di Do-Re, Re-Mi, Fa-Sol, Sol-La, La-Si che distano tra loro un tono (T).

Sequenza di tasti bianchi e neri su pianoforte
La sequenza di tasti bianchi e neri sul pianoforte con i tasti bianchi che corrispondono alle note Do, Re, Mi, Fa, Sol, La e Si

Tra le migliaia di musiche che si potrebbero portare a esempio di utilizzo della scala maggiore, c’è sicuramente il celeberrimo Can Can di Offenbach che, a ogni ripresa del tema (in questo caso a partire dalla nota Sol) propone una rapida scala maggiore discendente.

 

Come memorizzare la scala maggiore

Un altro esempio che aiuta a pensare invece la stessa scala, ma partendo dalla prima nota, è la celebre sigla televisiva de “Il pranzo è servito” (composta da Augusto Martelli) un quiz condotto da Corrado Mantoni andato in onda su Canale 5 dal 1982 al 1992 e per l’anno successivo su Rete 4, per poi essere ripreso per una stagione da Rai 1 con Flavio Insinna nel palinsesto estivo del 2021.

Dal secondo 00:13”, le note che sentiamo sono proprio le prime cinque Do Re Mi Fa Sol per poi tornare alla prima (Do), e passare all’ottava Do Si La Sol e ancora la prima (Do) poi dalla sesta La Sol Fa Mi e ancora Do iniziale, che poi viene “circondato” con le note Re Do Si, per concludersi nuovamente con un Do.

Da che note è composta la scala maggiore?

Nel sistema tonale, quindi quello che fa riferimento a una tonalità e non a un “modo” scalare, questa scala maggiore è il risultato delle triadi di accordi maggiori costruite sui gradi I, IV e V (es. Do-Mi-Sol, Fa-La-Do, Sol-Si-Re) dove i gradi V e IV sono chiamati in causa in quanto rispettivamente armonico superiore e inferiore della nota di partenza.

Scala maggiore con la settima minore o scala di dominante (modo misolidio)

Do Re Mi Fa Sol La Sib —> 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7b

Come abbiamo detto in apertura, questo articolo intende procedere in modo logico e ragionato, da una scala all’altra.

Per questo, tra la scala maggiore e la scala “di settima” o scala di dominante (che coincide anche con il modo misolidio), c’è solo una nota che cambia ed è proprio la settima nota, che si abbassa di mezzo tono e da maggiore diventa minore, ma si dice semplicemente “settima”.

Che significa scala di settima o “dominant scale”

La possiamo intendere secondo due possibili ragionamenti:

  • uno più “dinamico”, ovvero immaginando un movimento musicale che, attraverso la trasformazione della settima maggiore in settima, mette in moto una cosiddetta modulazione, cioè un cambio di tonalità (la nota Sib in questo caso non fa parte della scala di Do, bensì “prepara” oppure può far pensare, in modo anche solo temporaneo, a un passaggio alla scala o alla tonalità di Fa);
  • un altro ragionamento più statico, è proprio esaminando direttamente la scala maggiore di riferimento (in questo caso Fa Sol La Sib Do Re Mi), immaginando una scala che comincia dalla sua quinta nota (Do) ed è esattamente questo il concetto espresso dalla formula “modo misolidio”, vedi più avanti cosa si intende per “modi” o “scale modali”.

Esempio per imparare la scala di settima dominante

Come perfetto esempio, per memorizzare il suono di questa scala, torniamo per un attimo al 1945, quando Giacomo Rondinella nello spettacolo di rivista teatrale napoletano “Imputati, alziamoci!” di Michele Galdieri, inserì il brano “Munasterio ‘e Santa Chiara” (Monastero di Santa Chiara) che subito dopo uscì per le edizioni musicali “La Canzonetta” e fu lanciato definitivamente alla Festa di Piedigrotta nell’interpretazione di Luciano Tajoli, per poi divenire celebre in tutto il mondo.

Eccolo qui nella versione di Roberto Murolo, in cui basta ascoltare anche solo le primissime sette note della chitarra.

Sembra una scala maggiore “ionica” e invece, arrivati al settimo suono, ecco che non c’è più quella settima maggiore così magneticamente vicina all’ottavo suono, bensì possiamo ascoltare una nota che dista solo mezzo tono dalla sesta e un tono intero dall’ottava!

Questa piccola differenza basta e avanza per farne una scala con una funzione totalmente diversa:

– mentre infatti il settimo suono (maggiore) di una scala maggiore ha una tendenza quasi “irrefrenabile” a invocare e chiudere sull’ottavo (funzione di “sensibile”, che genera una fortissima tensione verso la nota successiva)

la settima nota di una scala misolidia o scala di dominante determina una evidente apertura sonora e genera quella componente che – in un discorso musicale – rappresenta come una domanda da cui parte una sorta di viaggio, dopo il quale – come si dice nel gergo – tornare “a casa” e cioè, in genere, sulla tonica o comunque sull’accordo maggiore o minore che costruisce il punto di arrivo dopo quella “tensione”.

Esercizio per distinguere scala maggiore da scala di settima dominante

Un utilissimo esercizio ritmicamente concepito, per abituarsi a “navigare” e distinguere tra le due scale può essere proprio quello di eseguire:

  1. scala maggiore dalla nota 1 alla nota 7 (settima maggiore) e ritorno;
  2. scala di dominante dalla nota 1 alla nota 7♭(bemolle);
  3. scala maggiore “di arrivo”, che si trova proprio una quinta sotto la scala di dominante (o misolidia, es. Do Re Mi Fa Sol La Sib —> Fa Sol La Sib Do Re Mi)

Esercizio per scala maggiore e scala di settima dominante

Scala maggiore lidia

Do Re Mi Fa# Sol La Si ==> 1, 2, 3, 4#, 5, 6, 7+

Un’altra scala maggiore che, pur avendo un suono inizialmente spiazzante per chi non è abituato a praticarla, ha origini molto antiche ed è al tempo stesso tra le più considerate nel jazz moderno, è quella che si caratterizza per un’altra unica, ma notevolissima differenza, rispetto alla scala maggiore:

il quarto grado aumentato.

Anche in questo caso è fondamentale prima di tutto “sentire con il proprio orecchio interiore” di cosa stiamo parlando.

Esempio per imparare la scala lidia

Ci facciamo aiutare ancora una volta dall’immenso archivio RAI e torniamo al 1980 con l’Almanacco del Giorno Dopo, storico programma che precedeva il Tg della sera, la cui famosissima sigla di apertura “Chanson Baladée” scritta nel 1976 da Antonio Riccardo Luciani in stile medievaleggiante (tanto da indurre molti ad attribuirla a Guillaume de Machaut, compositore francese che nel XIV secolo aveva scritto una ballata omonima) viaggia proprio sul cosiddetto modo lidio e quindi sulla scala lidia.

In questo caso siamo in tonalità di Sol lidio (Sol La Si Do# Re Mi Fa#), ovvero sulla scala che si crea a partire dal quarto grado di una scala di Re maggiore (Re Mi Fa# Sol La Si Do#).

Il tema iniziale, utilizzando i gradi della scala al posto delle note così da visualizzarlo meglio, ci “dice”:

  • 3, 3, 2, 1, 1
  • 1, 2, 3, 4#, 5, 5
  • 5, 5, 4#, 3, 2, 3, 3
  • 3, 3, 2, 1, 7+ (ottava inferiore), 1

Come possiamo notare, sembra davvero un suono molto “antico”.

Scala maggiore lidia… ieri e oggi

Tuttavia quel quarto grado aumentato, mentre ha un significato melodico di un certo tipo se lo pensiamo all’interno di una sequenza di note da uno a sette e di un modo, in termini di armonia moderna assume tutt’altra funzione, se pensiamo a un accordo formato dalle seguenti voci:

  • Prima (la tonica)
  • Terza
  • Quinta
  • Settima maggiore
  • Nona (la nota 2 della scala, suonata un’ottava sopra)
  • Undicesima aumentata (la nota 4# della scala, suonata un’ottava sopra)
  • Tredicesima (la sesta nota della scala, suonata un’ottava sopra)

Si tratta cioè di un accordo che include tutte e sette le note di una scala lidia e che si annota con questa sigla C13#11 (Do tredicesima con undicesima diesis).

Al contrario di quanto avviene nella scala maggiore (modo ionico) che, guardata da un altro punto di vista sembra il risultato di due frasi di quattro note in sequenza (o tetracordi) 5, 6, 7, 8:

una riferita alla tonalità di Do (Sol, La, Si, Do)

e l’altra alla tonalità di Fa (Do, Re, Mi, Fa)

il cui risultato è Do Re Mi Fa Sol La Si (Do), nella scala lidia questa tendenza non c’è, in quanto quest’ultima è composta dal tetracordo Sol La Si Do più il tetracordo Do Re Mi Fa#.

Il pianista George Russell, nel suo “The lydian chromatic concept of tonal organization” sostiene al riguardo che la scala lidia è più stabile della scala maggiore, in quanto evita dopo le prime quattro note di creare un forte polo di attrazione dal 3° al 4° grado che sono separati solo da mezzo tono, per rafforzare invece unicamente la tensione verso l’ottavo grado.

Scala esatonale o a toni interi

Esatonale 1: Do Re Mi Fa# Sol# La# —> 1, 2, 3, 4#, 5#, 6#

(= Sib Do Re Mi Fa# Sol# = Lab Sib Do Re Mi Fa# = Solb Lab Sib Do Re Mi = Fab Solb Lab Sib Do Re = Re Mi Fa# Sol# La# Si#)

Esatonale 2: Sol La Si Do# Re# Mi#

(= Fa Sol La Si Do# Re# = Mib Fa Sol La Si Do# = Reb Mib Fa Sol La Si = Si Do# Re# Mi# Sol La = La Si Do# Re# Mi# Sol)

Una scala maggiore che in qualche modo estremizza l’effetto della lidia, aumentando anche il 5 e il 6 grado è la scala esatonale.

Il risultato è cioè una scala di sole sei note, totalmente simmetrica e senza un vero e proprio centro tonale, in quanto ciascuna nota che la compone potrebbe essere a sua volta la tonica di un’altra scala che prosegue sempre con le medesime note.

Quante scale esatonali esistono?

A livello di suoni, esistono due sole scale esatonali. Questo tipo di scala si caratterizza proprio per un senso quasi di indefinitezza, totale apertura e sospensione (non risolve mai).

Non a caso è usata da Claude Debussy in diverse composizioni per “dipingere” nello stesso stile degli impressionisti diversi paesaggi o per atmosfera più giocose, come in questo esempio.

Oppure qui, proposta in modo esplicito, ecco proprio la sequenza di scala esatonale 1, 2, 3, 4#, 5#, 6# esposta nelle primissime note del pianoforte da McCoy Tyner.

Scala minore melodica ascendente e scala bachiana

Do Re Mib Fa Sol La Si —> 1, 2, 3b, 4, 5, 6, 7+

Passando alle scale minori, la prima e più intuitiva è certamente la scala “minore melodica ascendente”, visto che differisce dalla scala maggiore per una sola nota che è ovviamente la terza.

Questa nota cioè non è più maggiore, bensì viene abbassata di mezzo tono e determina un importante cambiamento, se vogliamo anche emotivo, nel senso stesso delle prime tre note della scala.

Limitiamoci per ora a pensare, ad esempio, alle note 1, 2 e 3♭ che stanno sotto le prime parole (“We don’t need-no e-du-cation”) di “Another brick in the wall” dei Pink Floyd, o quelle dello standard jazz “My fun-ny (Va-len-tine)” e consideriamo l’enorme differenza dell’effetto “psicologico” di questa terza minore, rispetto alla stessa sequenza ma con note 1, 2 e 3 (maggiore) dell’inizio di Fra’ Marti-(no) Campana-(ro)!

Ma come “interiorizzare” anche il suono dei gradi successivi di una scala minore melodica ascendente?

La difficoltà sta proprio nel fatto che, rispetto all’inizio dichiaratamente “minore” dovuto all’abbassamento della terza nota, dal quinto al settimo grado la scala prosegue con le stesse note di una normale scala maggiore.

E così, mentre, come vedremo tra poco in un noto esempio, lo stesso Bach ci ha “educato” all’uso di questa scala nella modalità ascendente e, per la parte discendente, utilizza la “scala minore naturale” , sempre al buon Johann Sebastian si deve il nome di “scala bachiana” avendola utilizzata anche in modalità discendente ovvero:

Do Si La Sol Fa Mib Re Do —> 8 7 6 5 4 3b 2 1

Si può suonare la scala minore melodica in senso discendente?

Nella scala baqchiana avviene un vero e proprio “shock emozionale”, perché finché si canta “Do Si La Sol Fa” (proprio come nell’esempio di scala maggiore citato sopra per il Can Can) sembra che siamo in un mondo sonoro maggiore e all’improvviso arriva quel Mib che quasi con forza sembra riportarci alla tonalità minore.

Ecco invece la sua “Suite per liuto BWV996 – Bourrée in E minor” e vediamo cosa succede nei primi 6 secondi del tema.

  • 1, 2, 3b
  • 2, 1, 7+(ottava inferiore)
  • 1, 2, 5 (ottava inferiore)
    (tutte le note seguenti sono suonate nell’ottava inferiore)
  • 6, 7+, 8
  • 7b, 6b, 5
  • 4, 3b, 2
  • 3b, 4, 5,
  • 4, 3, 2, 1

Sì, è sempre lo stesso tema ripreso e reso ancora più celebre dai Jethro Tull nella loro Bourée.

In questo caso Bach, dopo aver descritto il contesto minore con le note prima, seconda e quindi terza minore, torna indietro fino alla settima maggiore così da enfatizzare quel magnetismo di cui parlavamo sopra, con questa settima maggiore che dista solo mezzo tono dalla ottava (o tonica).

Quindi prosegue con prima, seconda e quinta (quest’ultima dell’ottava inferiore) per poi mostrarci plasticamente in azione la scala minore melodica ascendente attraverso i gradi sesto e settimo maggiori, seguita dalla scala minore naturale per tornare questa volta dal grado 8 al 5° attraverso settimo e sesto grado minori.

Da notare, per la parte finale di questo tema, che le note 1, 2, 3, 4 e 5 restano invariate in quasi tutte le scale minori, tranne che nella frigia e nella locria, che vedremo tra poco.

Scala minore naturale o eolia

Do Re Mib Fa Sol Lab Sib —> 1, 2, 3, 4, 5, 6b, 7b

Abbiamo citato qualche rigo più su questa scala, come ideale completamento “discendente” rispetto alla scala minore melodica.

Le note di cui si compone sono le stesse di una scala maggiore (in questo caso Mib è appunto il terzo grado minore di Do), ma sono suonate a partire dal sesto grado della scala (il sesto grado di Mib maggiore è Do), proprio come prevede il modo eolio.

“BONUS TIP” PER TE CHE STAI LEGGENDO TUTTO CON ATTENZIONE!!

Regola del Nove per riconoscere il rivolto di un intervallo musicale

In musica c’è una regola matematica semplice semplice da utilizzare per orientarsi tra gli intervalli ascendenti e discendenti fra le note:

  • Do-Re = intervallo ascendente di 2a — Do … Re = intervallo discendente di 7a
  • Do-Mib = intervallo ascendente di 3a — Do … Mib = intervallo discendente di 6a
  • Do-Fa = intervallo ascendente di 4a — Do … Fa = intervallo discendente di 5a
  • Do-Sol = intervallo ascendente di 5a — Do … Sol = intervallo discendente di 4a
  • Do-La = intervallo ascendente di 6a — Do … La = intervallo discendente di 3a
  • Do-Sib = intervallo ascendente di 7a — Do … Sib = intervallo discendente di 2a

Come puoi facilmente vedere e intuire da questi esempi, sommando gli intervalli qui presentati, riga per riga, fra due stesse note, il risultato è sempre 9!

Quindi: se Do Re è un intervallo di seconda, Do … Re (= Do Si La Sol Fa Mi Re) è un intervallo di settima e così via, chiaro?

Che altro nome ha la scala minore naturale?

La scala minore naturale si chiama anche eolia, perché utilizza identiche note di una scala maggiore, ma suonata dal sesto grado (modo eolio).

Se parliamo di Do minore, andiamo al suo terzo grado minore (Mib) e da qui proseguiamo con le stesse note che avrebbero costituito la scala di Mib maggiore (Mib Fa Sol Lab Sib + Do e Re), discendendo otterremo Do Sib Lab Sol Fa Mib Re (Do), appunto una scala minore naturale discendente.

Nel tema principale del film di Ferzan Ozpetek “La finestra di fronte” (musica di Andrea Guerra) dal secondo 00:15” gli archi ripetono la sequenza discendente di questa scala naturale, proprio in tonalità di Do minore:

Scala minore armonica

Do Re Mib Fa Sol Lab Si —> 1, 2, 3b, 4, 5, 6b, 7+

Anche dalla scala minore naturale alla minore armonica il passo è breve, perché si tratta di cambiare una sola nota, ma – come in tutto ciò che avviene di bello nella musica – anche cambiare una sola nota significa cambiare tutto il mondo!

Proprio così, perché – mentre dai gradi 1 a 5 resta tutto invariato – dal sesto grado abbassato di mezzo tono, quindi (seguendo l’esempio in Do) dalla nota Lab “saltiamo” alla nota Si (la settima maggiore della scala) e ciò determina la novità di avere un intervallo di terza minore all’interno di una scala di sette note!

Il risultato è così particolare, ovvero tipico, che nel mondo musicale mediorientale, ma anche nell’Africa che affaccia sul Mediterraneo, il suono di questa scala è di gran lunga quello più diffuso.

Che suono ha la scala minore armonica?

In sole sette note questa scala ci comunica una tale evoluzione del senso (significato musicale) minore, da trasmettere all’anima sentimenti come nostalgia, solennità, tristezza o anche paura e, se vogliamo, drammaticità, tanto che non se ne può restare indifferenti e non catturati nel profondo dal particolare suono.

È come un progressivo sprofondare, ma che al tempo stesso porta lo spirito in luoghi sempre nuovi, sorprendenti e inesplorati: l’effetto del Do Re Mib (1, 2, 3b) iniziale sembra infatti ripetersi in maniera identica e quasi ipnotica nel Fa Sol Lab (4, 5, 6b) che seguono, ma poi, per arrivare alla nota successiva (7a maggiore), si fa questo salto di un tono e mezzo per poi tornare al nuovo Do che dista solo mezzo tono.

E la versione discendente mostra questo “baratro” direttamente alla terza nota:

Do Si Lab Sol Fa Mib Re Do.

In questo celebre tema ebraico Hava Nagila (traducibile con “Andiamo, rallegriamoci”), il “gioco” melodico è particolarmente stimolante, visto che inizia addirittura saltando dalla quinta nota della scala direttamente alla settima maggiore, quindi evocando prima un intervallo maggiore, ma subito dopo si scende alla 6a minore.

La scala della musica balcanica, klezmer, mediorientale e dell’Africa mediterranea

La tonalità di questa versione proposta – scelta proprio per la libertà con cui la cantante “esplora” e fa gustare la scala minore armonica in tutta la parte introduttiva – non è quella di Do, ma di Fa, per cui le note sono Fa Sol Lab Sib Do Reb Mi (Fa), il tema vero e proprio arriva con ritmo più incalzante dal punto 01:33” e “dice”:

  • 5, 5, 7+, 6b, 5
  • 7+, 7+
  • 9, 8, 7+, 8, 8
  • (Ottava sopra) 3, 2, 1
  • 7+ 6b 5 4 5

Scala minore dorica

Do Re Mib Fa Sol La Sib —> 1 2 3b 4 5 6 7b

Dopo aver “gustato” il suono della scala minore armonica, passiamo a un’altra scala minore che, come già successo per quella naturale o eolia, si genera sempre a partire da una scala maggiore di cui questa scala rappresenta il modo dorico e cioè:

– se pensiamo alla scala di Do maggiore, sul secondo grado avremo una scala di Re dorico (proprio quella utilizzata nel video qui sotto);

– mentre la scala di Do dorico nasce sul secondo grado della scala di Sib maggiore e così via.

Anche in questo caso, dai gradi 1 al 5, una volta compreso il suono della terza minore, non ci sono cambiamenti rispetto alle altre scale minori fin qui presentate.

L’unico cambio, rispetto alla minore naturale, è nel sesto grado, che torna maggiore, separandosi quindi solo di mezzo tono dal 7° che a sua volta dista un tono intero dall’8°.

Il famosissimo tema di “Get Up” dell’artista Chinese Man calza veramente a pennello per entrare nel mood sonoro di questa scala.

Una caratteristica importante della scala dorica, così come per la scala naturale, è proprio che la nota che precede la tonica non è così magneticamente “attaccata” a questa, come avviene con la settima maggiore, ma dista un tono intero (es. Do-Sib-Do invece che Do-Si-Do).

Consiglio di passare qualche istante a ripetere nella propria testa, magari con l’ausilio di un pianoforte o di un altro strumento questa differenza tra Do-Si-Do e Do-Sib-Do.

Scala minore frigia

Do Reb Mib Fa Sol Lab Sib —> 1 2b 3b 4 5 6b 7b

Altra scala minore generata sempre da un “modo” di suonare una scala maggiore partendo da un grado diverso dal primo, che in questo caso è il terzo.

Il risultato, anche in questo caso, differisce di una sola nota rispetto alla scala minore naturale e questa nota è la seconda, che diventa minore, avvicinandosi cioè maggiormente alla tonica (da cui ora dista soltanto mezzo tono).

Perfetto esempio per ascoltare questa scala è la celebre “My favourite things” (ripresa negli ultimi anni da una celebre pubblicità…) tratta dal musical di Broadway (1959) “The sound of music” poi divenuta anche omonimo film nel 1965 con Julie Andrews.

La scala è eseguita interamente da 1 a 8 sulle parole “These-are-a-few-of-my fa-vou(-rite things)”.

Scala minore locria

Do Reb Mib Fa Solb Lab Sib —> 1 2b 3b 4 5b 6b 7b

Ancora una scala minore che nasce da un modo: se prendiamo infatti una scala maggiore e la eseguiamo partendo dalla settima maggiore, quella che otteniamo è una scala minore locria o semplicemente scala locria o modo locrio.

La differenza del modo o scala locria rispetto alla scala frigia è in una sola nota: la quinta, che si abbassa di mezzo tono. Se invece vogliamo resettare tutto e ragionare in base a una scala maggiore, ad esempio quella di Do, e capire cosa succede per arrivare a un Do locrio, in pratica è sufficiente abbassare TUTTE le note di mezzo tono, tranne la quarta nota della scala e ovviamente la tonica, cioè la prima, che dà il nome alla stessa:

Do Reb Mib Fa Solb Lab Sib

Nella ricerca di un brano da cui memorizzare un estratto di questa scala, ci facciamo aiutare da Tony Dallara con la celebre canzone italiana “Come prima”, quando al secondo 0:22” canta (sembra un) “…so-gno ri-ve-derti … accarezzarti”, la melodia diventa locria e le note della scala sono 5, 4, 3, 2, 1 (…derti) 2, 3, 4, 5, 4 (accarezzarti).

Le scale modali, riepilogo dei 7 modi

Il sistema modale si base sulle stesse 7 note di una scala maggiore che, cambiando di volta in volta il modo in cui la stessa viene eseguita, cioè variando la nota di partenza della scala, crea 7 diverse scale, di cui tre restano maggiori e le altre quattro sono minori (come abbiamo già visto fin dall’inizio di questo articolo).

I nomi dati a queste scale derivano da diverse regioni del mondo greco, da cui – come molti altri elementi della cultura e del linguaggio stesso – ci arrivano. Ad esempio la Lidia era una regione dell’Asia Minore occidentale, appena un po’ più all’interno rispetto alle coste dell’Egeo e la sua influenza divenne preponderante anche a nord sulla Misia (da qui la scala misolidia) e sulla Frigia

Modo ionico = Scala maggiore dal 1° grado

Dorico = Scala minore dorica, che si origina dalla nota sul SECONDO grado di una scala maggiore

Frigio = Scala minore frigia, che si origina dalla nota sul TERZO grado di una scala maggiore

Lidio = Scala maggiore lidia, che si origina dalla nota sul QUARTO grado di una scala maggiore

Misolidio = Scala maggiore misolidia, che si origina dalla nota sul QUINTO grado di una scala maggiore

Eolio = Scala minore eolia, che si origina dalla nota sul SESTO grado di una scala maggiore

Locrio = Scala minore locria, che si origina dalla nota sul SETTIMO grado di una scala maggiore

Come funziona il sistema modale e le melodie musicali nei vari modi

Il sistema modale, oltre o più che di scale fini a se stesse, si caratterizza per melodie e intere composizioni costruite avendo come tonalità proprio la tonica di ciascuna scala:

ad esempio un brano in Re dorico, oppure in Fa lidio, potrà essere scritto senza alterazioni in chiave, utilizzando cioè le stesse note della scala di Do maggiore, mentre una composizione in Re minore solitamente avrebbe il Sib in chiave, così come una composizione in Fa maggiore;

idem, una composizione in Mi frigio, oppure in Sol misolidio, potrà essere scritta senza alterazioni in chiave, utilizzando anch’essa le medesime note della scala di Do maggiore, mentre una in Mi minore solitamente ha il Fa# in chiave, così come una composizione in Sol maggiore;

ugualmente, infine, una composizione in Si locrio, a differenza di una in Si minore che avrebbe in chiave il Fa# e il Do#, potrebbe essere scritta senza alterazioni, usando sempre le stesse note della scala di Do maggiore.

Scala superlocria

Do Reb Mib Mi Solb Lab Sib —> 1 2b 3b 4b 5b 6b 7b

Questa scala, a differenza delle altre modali originate – come abbiamo appena visto – da stesse note di una scala maggiore, è sempre un’applicazione del concetto della scala locria (quindi scala che nasce sul settimo grado) ma ora applicato a una scala minore melodica.

Quindi, per capire concretamente la differenza fra le rispettive note, se la scala di Si locrio è

Si Do Re Mi Fa Sol La

la superlocria è Si Do Re Mib Fa Sol La

Se all’apparenza si presenta come una scala minore le cui note 1, 3, 5, 7 formano un accordo minore settima con la quinta minore, o accordo semidiminuito, il suo utilizzo pratico, specie nel jazz, è in realtà su accordi di settima con quinta alterata (es. B7 alt) insieme ad altre tensioni dalla nona in poi.

Ragionando invece in modo più “meccanico”, partendo da una scala di Do maggiore (accordo di Do maggiore) per arrivare a un Do superlocrio (accordo di Do settima alt), basta abbassare di mezzo tono ogni nota della scala, a eccezione della tonica (Do):

Do Reb Mib Mi(Fab) Solb Lab Sib ( 1 2b 3b 4b 5b 6b 7b )

In teoria corrisponde a una scala con secondo, terzo, quarto, quinto, sesto e settimo grado tutti “minori”. In realtà, a livello armonico ed enarmonico, questi suoni connotano un accordo con:

  • terza maggiore (Mi)
  • quinta aumentata (Sol#)
  • settima (Sib)
  • nona bemolle (Reb)
  • nona diesis (Re#)
  • undicesima diesis (Fa#)

Scala ultralocria

Do Reb Mib Mi Solb Lab Sibb=La —> 1 2b 3b 4b 5b 6b 7bb )

Ancora un’altra applicazione dello stesso concetto della scala locria (quindi parliamo sempre di scala che nasce sul settimo grado di un’altra scala) ma questa volta applicato a una minore armonica.

Esempio: se partiamo dalla scala di Reb minore armonica avremo sul settimo grado Do ultralocrio, se partiamo da Do minore armonica avremo Si ultralocrio, ecc..

Quindi, per capire concretamente la differenza fra le rispettive note di una scala superlocria e di una cosiddetta scala ultralocria, mentre la scala di Si superlocrio è

Si Do Re Mib Fa Sol La

la ultralocria è Si Do Re Mib Fa Sol Lab

In questo caso la possibile interpretazione di questa scala, anche in termini armonici, è più lineare, visto che ai gradi 1, 3, 5 e 7 abbiamo esattamente le note di un accordo di settima diminuita o semplicemente accordo diminuito, a cui si aggiungono le note 2, 4 e 6 che a loro volta compongono proprio la triade minore dell’accordo (nonché della scala) da cui si è partiti per formare questo “modo ultralocrio”.

Di conseguenza è una scala che può comodamente essere usata ad esempio in una sequenza armonica Bdim Cmin oppure Dm7b5 G7b9 Cm.

Scala diminuita o tono-semitono

Oltre alle scale che fanno riferimento ad accordi maggiori o minori, come negli esempi finora presentati, ci sono invece delle scale collegate agli accordi diminuiti (o di settima diminuita).

Sono tre le particolarità di questo tipo di scale:

  • essere ottatoniche, cioè composte da 8 note, invece che 7;
  • essere simmetriche, ovvero presentare un’alternanza costante tra intervalli di tono e intervalli di semitono;
  • nascere dalla combinazione tra le note di due accordi diminuiti.

Questi sono i suoni che compongono i tre accordi diminuiti esistenti

  1. Do Mib Solb La ( = Re# Fa# La Do = Fa# La Do Mib = La Do Mib Solb )
  2. Do# Mi Sol Sib ( = Mi Sol Sib Reb = Sol Sib Reb Fab = La# Do# Mi Sol )
  3. Re Fa Lab Si ( = Fa Lab Dob Mibb = Sol# Si Re Fa = Si Re Fa Lab )

Scale diminuite ricavabili partendo dalla stessa nota

1) Do Do# Re# Mi Fa# Sol La Sib
2) Do Re Mib Fa Solb Lab La Si

In sintesi, qualunque nota scegliamo come tonica di questo tipo di scala, in base all’accordo diminuito a cui facciamo riferimento, potremo avere due soli possibili sviluppi (sequenze) di scala diminuita:

1) SEMITONO-TONO

2) TONO-SEMITONO

Scala pentatonica

Do Re Mi Sol La ( 1, 2, 3, 5, 6 )

2° modo: Re Mi Sol La Do
3° modo: Mi Sol La Do Re
4° modo: Sol La Do Re Mi
5° modo: La Do Re Mi Sol (pentatonica minore)

Il nome stesso anticipa una prima ed evidente caratteristica di questa scala: l’essere composta da sole cinque note.

Poiché dall’estremo oriente all’Africa, fino alla musica country americana e infine anche nel jazz moderno, qui con diverse “reinterpretazioni” oltre che ampio utilizzo combinato di pentatoniche in diverse tonalità, questa scala permea e connota tanti linguaggi musicali, non va fatto l’errore di considerarla “una scala semplificata”… solo perché ha meno note.

La sua forza, o se vogliamo stabilità e “affidabilità”, sta proprio nel fatto che, rispetto alle sette note di una scala maggiore:

  • utilizza cinque suoni in perfetto rapporto di armonia fra loro (a intervalli di quinta: Do —> Sol—> Re —> La —> Mi),
  • più che “in orizzontale” 1, 2, 3, 5, 6, va pensata come un nucleo di note che si forma a partire da un primo suono, a cui si aggiunge il suo armonico, che a sua volta “chiama” il suono armonico corrispondente e così via.

Se infatti, seguendo lo stesso criterio, qualcuno dicesse:

“ma allora, se nella pentatonica di Do c’è il Mi, perché non ci può essere anche il Si che è l’armonico di Mi?”

La risposta è:

“Perché la presenza del Si, per lo stesso principio dei suoni armonici, avrebbe “preannunciato” l’arrivo di un Fa#. E quest’ultimo come sarebbe risultato in rapporto con il Do iniziale?”

Gli intervalli in una scala pentatonica

Un altro possibile ragionamento per arrivare alla stessa conclusione del perché la pentatonica si fermi a 5 suoni, sempre basandosi sull’osservazione dei suoi intervalli è che NON ha intervalli di mezzo tono al suo interno, bensì tre intervalli di tono e due di terza minore:

1-2 (tono)
2-3 (tono)
3-5 (terza minore)
5-6 (tono)
6-8 (terza minore)

Di conseguenza sempre nell’ipotesi puramente teorica di voler aggiungere un sesto suono armonico dopo Do Sol Re La Mi, il Si sarebbe stato a solo mezzo tono di distanza dal Do, creando così una tensione che avrebbe snaturato “l’autonomia sonora” delle cinque note di partenza.

Ecco due esempi per memorizzare il suono della pentatonica, intanto nel primo modo, e cioè partendo dalla nota 1.

Il primo è la più tipica delle “western song”:

Nel celebre standard jazz “In a sentimental mood” di Duke Ellington l’applicazione della scala pentatonica nella melodia parte dalla prima nota Do Re Mi Sol La (“In-a sen-ti-men…”) e arriva alla ripetizione delle note 1 e 2 (“…tal-mood”) nella seconda ottava, che così si “trasformano” in ottava e nona rispetto alla tonica.

 

Per memorizzare invece una sequenza di note della pentatonica nel secondo modo, ovvero partendo dalla nota 2, questa celebre melodia di Ryuichi Sakamoto (sulla scala pentatonica di Re), “canta” le seguenti note:

  • 2, 3, 2, 6 (ottava sotto)
  • 2, 3, 2, 3, 5, 3
  • 2, 3, 2, 6 (ottava sotto), 1

 

Un altro tema cinematografico che ci torna utile per memorizzare il suono della pentatonica quarto modo, cioè partendo dalla nota 5 è quello composto dal trombettista Terence Blanchard per la colonna sonora del film di Spike Lee “Mo better blues”:

Pentatonica di Coltrane

Poiché la musica, così come la letteratura, l’arte visiva, la fotografia e ogni altra forma di linguaggio, sono in costante evoluzione, nel suo percorso musicale di continua scoperta di nuove sonorità, il sassofonista jazz John Coltrane ha in qualche modo adattato il concetto di pentatonica ad altre esigenze armoniche e quindi introducendo nuove “scale pentatoniche” che comunemente vengono associate al suo nome.

1 2 3 5 7b scala pentatonica con la settima (al posto della sesta) che enfatizza una sonorità più da accordo di settima, applicato quindi in svariate tipologie di sequenze armoniche di tipo tensivo (blues, sostituzioni di tritono, ecc..)

1 2 3b 5 6 scala pentatonica con terzo grado abbassato, rispetto alla normale pentatonica, rendendolo minore, quindi adatto a sequenze armoniche “secondo-quinto” (ad esempio suonando le note Do Re Mib Sol La su una sequenza Cm7 F7).

Scala blues

La Do Re Mib Mi Sol

La scala blues è una scala di sei note, ottenuta aggiungendo una cosiddetta “blue note” alla scala pentatonica minore (6, 1, 2, 3, 5), da cui scaturisce una nuova scala così formata:

  • tonica (1)
  • terza minore (3b)
  • quarta (4),
  • quinta diminuita (5b)
  • quinta (5)
  • settima minore (7)

Rispetto a una normale scala pentatonica primo modo (es. Do Re Mi Sol La) può essere pensata anche come una pentatonica maggiore arricchita semplicemente da un cromatismo tra il secondo e il terzo grado:

Do Re Re# Mi Sol La Sol  = 1, 2, 2#, 3, 5, 6, 5

L’ascoltiamo qui nella frase di chiusura dell’orchestra prima del solo di tromba Chet Baker su “I should care”:

Scala be-bop

Do Re Mi Fa Sol Sol# La Si (Do)

Questa con il cromatismo fra quinto e sesto grado è normalmente la “scala be-bop” teorizzata sugli accordi maggiori.

Allo stesso modo, per gli accordi di settima viene teorizzata una scala be-bop con cromatismo fra settimo e ottavo grado:

Do Re Mi Fa Sol La Sib Si (Do)

Addirittura qualcuno, su una tipica cadenza “secondo quinto primo” (es. Dm7 G7 Cmaj7) teorizza l’uso di queste “tre scale be-bop”:

Dm7 —> Re Mi Fa Sol La Si Do Do# (Re)
G7 —> Sol La Si Do Re Mi Fa Fa# (Sol)
Cmaj7 —> Do Re Mi Fa Sol Sol# La Si (Do)

Che cos’è davvero “la scala be-bop”

Per chi, come chi scrive, nella vita ha avuto la fortuna di incontrare e partecipare a numerosi seminari del grande didatta di jazz americano Barry Harris, universalmente riconosciuto come “pianista be-bop”, né da lui, né probabilmente dallo stesso Charlie Parker e da tutti gli altri musicisti di quell’incredibile periodo della storia del jazz avrebbe mai sentito parlare di scala be-bop.

Piuttosto, il vero motivo “pratico” per cui nel loro fraseggio è frequentissimo l’uso di cromatismi in qualunque punto della scala, nonché in particolare fra quinto e sesto grado o fra settimo e ottavo grado, è per rispondere a esigenze puramente ritmiche, sia di intensità ritmica, che di precisione nell’arrivare in ogni momento sulle “note target”.

A livello armonico, se vogliamo davvero aggiungere qualcosa di veramente interessante alla semplice nozione di “scala be-bop”, con il cromatismo fra quinto e sesto grado, quello che succede “di diverso” fra la normale scala maggiore e questa di otto note è la seguente riarmonizzazione della scala.

Accordi sulla scala maggiore e accordi sulla scala be-bop

La scala maggiore (Do Re Mi Fa Sol La Si) genera i seguenti accordi:

Cmaj7 Dm7 Em7 Fmaj7 G7 Am7 Bm7b5

La scala be-bop (Do Re Mi Fa Sol Sol# La Si) genera invece:

C6 Ddim C6/E Fdim C6/G Abdim C6/A Bdim

Guardando bene quest’ultima sequenza di accordi, ancora meglio suonandola su un pianoforte, noterai che sono sempre due sole tipologie di accordi, che si alternano sulle otto note, ovvero:

  • l’accordo di Do maggiore con la sesta
  • e l’accordo diminuito (D, F, Ab, B le note sono sempre le stesse).

Per dire le cose fino in fondo, rispetto alla tonalità di riferimento (in questo caso Do maggiore) la vera natura e funzione di tale accordo diminuito è quella di dominante (G7) a cui è stata omessa la nota di partenza (in questo caso Sol) e invece aggiunta la nona bemolle (b9), in questo caso corrispondente alla nota Lab.

Di conseguenza la bella armonizzazione alla base del sistema di Barry Harris evidenzia in modo davvero chiaro e comprensibile da tutti come i due elementi di fondo in molta musica tonale siano sempre “tensione” (accordi di dominante) e “soluzione” (accordi maggiori e minori di atterraggio, o “ritorno a casa”), proprio come avviene nella musica popolare tradizionale e moderna in varie parti del mondo, che – banalizzando – potrebbe essere accompagnata anche solo dagli accordi e relativi bassi 1 e 5 (es. C e G7).

In realtà se qualcuno volesse approfondire il modo di fraseggiare del be-bop e ancor più le “Barry Harris rules” scoprirebbe il vero pensiero che c’è dietro l’uso di semitoni anche fra il settimo e tredicesimo grado della scala

ANCORA UN BONUS SE HAI LETTO FIN QUI!!

Barry Harris studio su scala con 7 cromatismi
Una delle classiche idee proposte da Barry Harris nei suoi seminari: studiare la scala maggiore con 7 cromatismi!

Consiglio di praticare, in tutte e 12 le tonalità, questo esercizio utilizzando il metronomo in questo modo:

metterlo almeno a 100 bpm e utilizzare il beat per marcare solo il secondo e il quarto quarto di ciascuna battuta.

Concludo questo viaggio tra le scale musicali, sperando sia stato utile a stimolare una più profonda riflessione, invitando a utilizzare lo spazio qui sotto per i commenti nel caso di contributi alla riflessione e altre eventuali osservazioni, perché la musica è prima di tutto incontro e confronto, possibilmente costruttivo.

Grazie a tutti per la lettura e l’attenzione.

A cura di Raffaele Magrone

24 Giugno 2025
  • 6

6 Comments

  1. by Emanuele 27 Giugno 2025 12:50

    Articolo completo e ben sviluppato. Spiegazione chiara e lettura appagante.

    • by Redazione 27 Giugno 2025 15:36

      Grazie per la lettura e il gentile riscontro.

  2. by Vladimiro Campanelli 26 Giugno 2025 22:52

    Articolo molto utile ed esauriente che può dare un ottimo spunto per iniziare a padroneggiare i vari modi e scale ai neofiti del jazz e della musica in generale. Ottima l’idea di fornire immediatamente l’ascolto e i riferimenti cronologici nella storia. Consigliatissimo! Ho già condiviso con amici che sono interessati ad approfondire questi argomenti. Grazie mille Raf!

    • by Redazione 27 Giugno 2025 15:38

      Grazie per il supporto, effettivamente l’idea era proprio trovare – al di là della teoria – quanti più punti concreti di “contatto con la realtà sonora” alla portata di tutti :))

  3. by Michele Pagano 25 Giugno 2025 07:52

    Articolo esauriente e ben realizzato che presenta e spiega le scale in modo da offrire uno stimolante approccio teorico-pratico sull’argomento, offrendo vari ed alternativi punti di riflessione. Una guida completa che presenta in modo chiaro l’argomento delle scale musicali e la loro origine, con aggiunta di vari esempi e riferimenti interessanti. 10/10 lettura altamente consigliata. Bravo Raffaele

    • by Redazione 25 Giugno 2025 08:15

      Grazie per il feedback e per la lettura integrale, certamente impegnativa.

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