
Dal concerto “Roma-Napoli A/R” dedicato alle canzoni romane e napoletane più famose presentato giovedì 29 dicembre 2022 da Giulio Faillaci e la sua chitarra, dedichiamo questo articolo a un approfondimento del repertorio tipico romanesco, a partire proprio dai brani proposti presso l’Istituto Musicale “Arcangelo Corelli”.
Le canzoni romane famose proposte da Giulio Faillaci
Il concerto Roma-Napoli A/R prevede un’esecuzione alternata di alcuni tra i più celebri motivi delle tradizioni canore delle due città.
Qui la parte napoletana della scaletta del concerto.
Ecco invece qui quelle tipiche romane e, a seguire, qualche nota in più sugli stessi brani:
- Aritornelli romaneschi
- Sora menica
- Nun je da retta Roma
- Tanto pe’ canta’
- Stornellata alla bona sera
- Quanto sei bella Roma
- ‘Na gita a li Castelli
- Roma capoccia
- Nina si voi dormite
- Fiori trasteverini
Curiosità sulle canzoni romane più tipiche e famose
Aritornelli romaneschi
Noto stornello tradizionale romano, riportato da P.P. Pasolini nel Canzoniere italiano del 1972, sulla scorta di precedenti ricerche di Zanazzo e Menghini. Questo brano è diventato un famoso “cavallo di battaglia” della cantante romana Gabriella Ferri.
In esso vi sono echi di canti del carcere, viene chiaramente espresso l’orgoglio di essere romano e trasteverino, aleggia di continuo la minaccia del coltello, si allude alle impiccagioni al ponte di Castel Sant’Angelo.
Sora Menica
Anche questo canto, come Aritornelli romaneschi, è un canto tradizionale. I canti tradizionali sono di autori anonimi, tramandati oralmente di generazione in generazione e spesso ampliati e arricchiti da strofe aggiunte nel corso degli anni. Il contenuto delle strofe esprime sentimenti simili a quelli degli Aritornelli ma ci ricorda anche il continuo contrasto e conflitto che esisteva tra i vari rioni. Qui a rivaleggiare, con salaci “Botta e risposta”, sono le donne di Monti e di Trastevere. Anche di questo brano Gabriella Ferri ne ha inciso una memorabile versione.
Nun je da retta Roma
Il brano è tratto dalla colonna sonora del film La Tosca di L. Magni (1973).
Tanto pe’ canta’
Un brano del grande Petrolini. Un invito a rendere la vita meno amara, con una chitarra e una canzone. Perché cantare, anche con poca voce, aiuta a sognare. Il grande attore, con l’autoironia che lo contraddistingueva, ha inserito nel testo un verso che alludeva a un suo grave male, l’angina pectoris:
“Tanto pe’ canta’ perché me sento ‘N FRICCICO NER CORE”…
Stornellata alla bona sera
È uno degli stornelli tradizionali più popolari e conosciuti, specialmente per la strofa che inizia con: “Gigetto er regazzino der Tufello”. Il contenuto è pieno di allusioni salaci, piccanti, maliziose che, appena per un pelo, non raggiungono la volgarità. Inoltre, accanto alla strofa citata, ne esistono altre due molto meno conosciute.
Quanto sei bella Roma
Brano scritto da Bixio, Bonagura, De Torres nel 1934.
Probabilmente, anche per il clima politico-culturale del momento, il testo concede molto alla retorica dell’esaltazione dei luoghi simbolo della Capitale: Il Tevere, San Pietro, il Campidoglio, Trastevere. Comunque la sua melodia semplice e orecchiabile l’ha resa celebre e le ha riservato un dignitoso posto tra le canzoni d’autore romane più famose.
‘Na gita a li Castelli
È un canto che potrebbe essere ritenuto tradizionale tanta è stata la sua diffusione e il reale utilizzo fatto dai romani, nelle loro scampagnate fuori porta, fino a non molto tempo fa. In realtà è stato composto da Franco Silvestri nel 1926. Il testo cita tutte le cittadine genericamente chiamate “Castelli” indicandone le particolari bellezze. Tra queste i resti delle navi di Tiberio che, purtroppo, la brutalità nazista, dopo qualche anno, ridurrà in cenere…
Roma capoccia
È uno dei successi più noti di Antonello Venditti e forse uno degli omaggi canori più intimi e sentiti che un cantautore abbia fatto alla Città eterna.
Roma è descritta nella sua bellezza “Quand’è sera, quand’è ar tramonto, quanno piove” e anche “li passeracci”, nella visione poetica dell’autore, diventano usignoli.
Nina si voi dormite
Classico della canzone romana, scritta da Leonardi e Marino nel 1901 che, in quell’anno, vinse il primo premio alla festa di S. Giovanni, la festa delle streghe. È una serenata cantata da un innamorato alla sua bella. Il testo mantiene una dolcezza e una sua freschezza a oltre un secolo dalla sua nascita e termina con una invocazione abbastanza audace visto il costume morale di quei tempi:
“L’amore nun se frena! Nina, amate!
Che a vole’ bene, no, nun è peccato.”
Fiori trasteverini
Canzone di Romolo Balzani, l’autore di “Barcarolo romano”. Qui non vi è dramma e morte come nel “Barcarolo” ma l’allegro e smargiasso orgoglio romano/trasteverino, sempre disposto ad aiutare: “Er core nostro e ‘na capanna” . Però, attenzione perché “Da micchi nun ce passamo”. L’ultima strofa è estremamente attuale. In realtà è riferita a quel campanilismo e regionalismo nostrano, che ci fa considerare “forestiero” un altro italiano di un’altra città o altra regione. È un invito a non dar retta a quelli che si allarmano e “Dicheno che so’ tutti forestieri”. Perché i figli di quegli stranieri “nascenno a Roma nascheno Romani”. Riecheggia il “Cives romanus sum”del diritto romano: che tu nasca a Roma a Mediolanum, Panormus, in Hispania, Gallia o Dalmatia… sei sempre cittadino romano.