Renato Carosone è tra i maggiori interpreti di alcune delle canzoni napoletane più famose

Dal concerto “Roma-Napoli A/R” dedicato alle canzoni romane e napoletane più famose, con Giulio Faillaci e la sua chitarra, proposto giovedì 29 dicembre 2022 presso l’Istituto Corelli, ecco un approfondimento sulla componente partenopea della scaletta proposta.

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Qui l’articolo dedicato invece alle canzoni romane.

Queste le canzoni napoletane famose proposte

Ed ecco una presentazione più dettagliata del repertorio di brani napoletani proposti e raccontati da Giulio Faillaci.

‘O Sarracino

È uno dei più famosi successi di Renato Carosone che lo compose assieme a Nisa nel 1958.
Molti giovani a Napoli e in tutto il Sud hanno lineamenti riconducibili ai popoli arabi. Un meticciato eredità delle incursioni saracene, avvenute nei secoli, sulle coste italiane. Nel brano si descrive uno di questi giovani: bello, smargiasso, dallo sguardo malandrino e tentatore che “Tutt’ ‘e femmene fa ‘nnammura’ “. Ma poi arriva una bella rossa che gli ruba anima e cuore…e “Sarracino nun si cchiù tu” dicono ironici i due Autori.

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Pastorale natalizia

È uno dei canti più celebri di S. Alfonso Maria dei Liguori, oltre che santo, un ottimo musicista nonché giurista e pittore del ‘700. I versi sono la descrizione poetica di quanto bene abbia fatto al mondo la semplice nascita di Gesù. L’Autore immagina che l’Evento abbia pacificato la Terra e che la pecora possa pascolare tranquillamente col leone come il lupo con l’agnello.

Agata

Brano di Cioffi e Pisano riproposto da diversi interpreti.

Nino Taranto
Nino Taranto – foto da Wikipedia

Nino Taranto la rese popolare e Nino Ferrer ne fece una versione in Iialiano nel 1969. È la classica storia di un povero marito bistrattato e tradito dalla moglie. Divenne un pezzo forte dell’avanspettacolo napoletano, anche per le garbate allusioni sessuali e per la gestualità altrettanto allusiva degli interpreti.

Malafemmena

Capolavoro canoro del “Principe della risata”, Antonio De Curtis, in arte Totò.

Antonio De Curtis in arte Totò
Antonio De Curtis in arte Totò – foto da Wikipedia

La canzone, tra le più famose canzoni napoletane di sempre, è dedicata alla moglie Diana e molti ancora oggi equivocano sul suo reale significato. Sia per il titolo, sia per tutto il contenuto del testo, si sarebbe portati a pensare che la “malafemmena” alla quale è dedicato il brano, sia responsabile di rotture e tradimenti. In realtà il fedifrago era proprio lui, Totò che pretendeva che la consorte accettasse e digerisse i suoi “capricci”, cioè le sue infedeltà.

La pansè

Canzone composta da Pisano e Rendine ma resa celebre sempre da Renato Carosone. Anche qui le allusioni maliziose e piccanti sono notevoli, tanto che la bigottissima censura radiotelevisiva degli anni ’50, boicottò a lungo la sua trasmissione. Pur essendo una classica “macchietta”, cioè un brano da avanspettacolo, Il brioso arrangiamento di Rendine lo rese ballabile e quindi di grande successo.

Tammurriata nera

È sicuramente la tammurriata più nota al pubblico italiano, nonché tra le canzoni napoletane più famose ed eseguite nei contesti più vari, anche se non è un canto tradizionale. Scritta da E. A. Mario (Canzone del Piave) e da Nicolardi (Voce ‘e notte) ha avuto in itinere un’evoluzione che l’ha resa un caso unico nella storia della canzone napoletana e nazionale.

Il brano ebbe un notevole successo a Napoli perché tratteggiava, in modo ironico e malizioso, eventi di vita reale della città nel dopoguerra. Proprio questo successo portò il popolo napoletano a impadronirsi della canzone, ampliandola con strofe più dure e salaci, cantate, su una melodia swing di Al Dexter, ascoltata dalle truppe americane che occupavano la città.
Quindi, il brano che si è storicamente affermato, quello che realmente cantava la gente, risulta essere un mix di ben quattro generi diversi: la canzone d’autore, il canto d’inventiva popolare, il ritmo tradizionale della tammurriata e lo swing americano.

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M’aggia cura’

Altro brano molto ironico, scritto da Pisano e Cioffi nel 1940 e interpretato da diversi cantanti. La canzone è sicuramente riconducibile al repertorio delle “macchiette”, così caro all’avanspettacolo napoletano. Come tale, è un brano che va interpretato, recitato e che ben si adattò, quindi, all’interpretazione di un grande comico come Nino Taranto. Il tema è quello classico di un uomo che perde il senno a causa di una donna “Perversa, bugiarda e spergiura”. Il tutto presentato in un testo molto divertente che stimola e richiede una interpretazione appropiata.

Io mammeta e tu

Canzone scritta da Pazzaglia e Modugno nel 1955 ma, come al solito, portata al grande successo da Carosone e il suo gruppo. È un brano molto divertente che allo stesso tempo fa un po’ di tenerezza. Infatti e un po’ difficile oggi, in tempi di diffusa e libera “movida” giovanile, pensare che una coppia di fidanzatini dovesse essere scortata anche soltanto in una semplice e pudica passeggiata, da un familiare con funzioni di controllo. Eppure succedeva, soltanto 50 o 60 anni fa. E non solo nel profondo sud campagnolo, ma anche nelle realtà metropolitane come Napoli.

Era de Maggio

Canzone del 1885, musicata da Costa e impreziosita dal testo di uno dei più grandi poeti napoletani: Salvatore Di Giacomo. Con la metafora di una canzone cantata a due voci, il poeta esalta l’amore vero, quello che non cambia strada, amore che nemmeno la lontananza può scalfire, perché dopo la separazione si ritorna a cantare “nzieme lu mutiv’ antico”.

Cicerenella

In un’area geografica che di per sé balla, per i noti fenomeni bradisismici e vulcanici, non poteva che nascere a Pozzuoli una tarantella tradizionale come questa. Le strofe che accompagnano il ballo, sono una maliziosa e allusiva presa in giro di una bella ragazza di nome Cicerenella.

Tammurriata tradizionale

Danza e canto ancora molto diffusi e utilizzati, in particolare nell’area vesuviana e salernitana. Il canto, basato su melodie molto lineari, è accompagnato dalla tammorra, grosso tamburo a cornice, e da nacchere nostrane, dette castagnette. La sua origine è sicuramente molto antica, ne fa fede un meraviglioso mosaico romano conservato nel museo archeologico di Napoli.

Discoride di Samo metragyrti suonatori ambulanti del culto di Cibele tympanon tamburello e piatti
Discoride di Samo metragyrti suonatori ambulanti del culto di Cibele tympanon tamburello e piatti – dal sito Storiedinapoli

La tammurriata è ancora la regina delle danze nel Maggio dedicato alla Madonna (In Campania si venerano sette Madonne tra cui quelle nera di Montevergine). Dinanzi o nelle vicinanze delle varie chiese a Lei consacrate, si svolge un vero e proprio rito pagano: danze, strofe di tammurriata, generose libagioni di cibi e bevande vendute dagli ambulanti, mentre all’interno del tempio si celebra il rito religioso. Questa danza, queste feste popolari, con i loro richiami pagani e dionisiaci, questo connubio di sacro e profano, sono l’ennesimo esempio della ricca stratificazione culturale avvenuta nei secoli che rende unica l’Italia. Dove un filo rosso ha collegato nel tempo la lingua, gli usi, i costumi, l’arte e la Storia degli abitanti antichi e moderni del nostro Paese.

13 Gennaio 2023
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