
Antonio Vivaldi, nato a Venezia nel 1678, morì a Vienna nel 1741.
Il prete rosso che ha scritto tanta musica
Molti, forse i più, lo conoscono come “il prete rosso”, altri come uno degli autori più prolifici del Settecento, altri ancora, come Igor Stravinskij – in un commento al vetriolo sul musicista veneziano – affermava che “aveva scritto centinaia di concerti tutti uguali tra loro”. Fu ordinato sacerdote nel 1703 e da qui il curioso soprannome per via della capigliatura ramata di Antonio Vivaldi.

L’equivoco sulla moglie di Antonio Vivaldi
Proprio in quanto sacerdote, Antonio Vivaldi non si sposò mai, anche se la storia riporta una relazione molto stretta con la cantante Anna Girò, sua allieva e compagna di viaggio, ma di certo non si trattò mai di matrimonio.
Una famiglia con tanti figli
I suoi genitori, Camilla Calicchio e Giovanni Battista Vivaldi si unirono in nozze l’11 giugno 1676 e misero al mondo dieci figli, di cui Antonio fu l’unico a intraprendere la carriera musicale.
Dai registri anagrafici dell’epoca si deduce che tre di questi figli vissero per pochissimi anni: Gabriela Antonia (1676-1678), Antonio Lucio (1678-1741), Margarita Gabriella (1680-1750), Cecilia Maria (1683-1767), Bonaventura Tomaso (1685-post 1718), Zanetta Anna (1687-1762), Francesco Gaetano (1690-1752), Iseppo Santo (1692-1696), Gerolama Michela (1694-1696) e Iseppo Caetano (1697-post 1729).
Quella di Vivaldi, in vero, fu una produzione originale e variegata. Ancora oggi può risultare quasi inestricabile a causa delle diverse catalogazioni o anche della dispersione dei manoscritti autografi. Tuttavia proprio per questo continua a riservare qualche nuova scoperta e annessione alle biblioteche, di nuove partiture, sempre ascrivibili a Don Antonio Vivaldi.

Qual è il secondo nome di Antonio Vivaldi?
Se in questa maniera (Don Antonio Vivaldi) amava firmare i suoi componimenti, altrettanto mai, in nessuno di essi, troviamo il secondo nome Lucio. Questo risulta presente solo ed esclusivamente nei registri di battesimo. Un fatto che ci fa ritenere, senza ombra di dubbio, che egli non utilizzasse il secondo nome per nessuna circostanza in ambito musicale.
Antonio Vivaldi aveva successo?
Molti sono convinti che Antonio Vivaldi sia sempre stato apprezzato e conosciuto, vista la fama meritatamente riservata a lui in epoca moderna, ma non è stato sempre così. Se è vero che i suoi contemporanei lo conoscevano, possiamo affermare che lo stimassero veramente?
“Eccellente suonatore di violino ma mediocre compositore” scrisse Carlo Goldoni nelle sue Memorie, compendiando un pensiero condiviso anche da Charles De Brosses: “possiede una furia di comporre prodigiosa, ma non è stimato come meriterebbe in questo paese (Parigi) dove tutto segue la moda”.
Il giudizio di Benedetto Marcello su Antonio Vivaldi
In 350 anni in fondo non è cambiato molto… Il concittadino di Vivaldi, Benedetto Marcello fu ancora più sarcastico nel suo libro “Il teatro alla moda” (puoi leggerlo integralmente a questo link) scritto per deridere il melodramma e i sui protagonisti dell’epoca.
Nel libro, Benedetto Marcello, in un ritratto di copertina, raffigurava Vivaldi come un angelo che suonava il violino appollaiato sul timone a poppa dell’imbarcazione.

Nello stesso testo veniva citato varie volte con il nome, melevolmente anagrammato, di Aldiviva. Tali giudizi vanno rapportati a un tempo in cui “compositore” significava soprattutto “autore di melodrammi di successo”.
Vivaldi e il teatro dell’opera
Antonio Vivaldi, per quanto oggi giustamente rivalutato anche in questo ambito, al mondo dell’opera si dedicò relativamente poco, firmando “solo” una cinquantina di melodrammi. Alcuni anche come impresario di se stesso.
In realtà la produzione operistica di Vivaldi fu notevolmente inferiore per numero rispetto a quella strumentale, non per volere dello stesso compositore, ma per i tanti impegni che gli imponevano la scrittura di produzione di concerti strumentali a scapito del repertorio operistico, che egli invece amava profondamente comporre.
Riscoperta della produzione musicale vivaldiana
 Fino al 1945, della gigantesca produzione musicale di Vivaldi, si conosceva poco e solo per fama riflessa, grazie ai quattro concerti per quattro violini e orchestra dell’Op.3 “L’estro Armonico” che Johan Sebastian Bach trascrisse per clavicembali.
Fino al 1945, della gigantesca produzione musicale di Vivaldi, si conosceva poco e solo per fama riflessa, grazie ai quattro concerti per quattro violini e orchestra dell’Op.3 “L’estro Armonico” che Johan Sebastian Bach trascrisse per clavicembali.
Soltanto una sessantina di concerti di Vivaldi furono pubblicati quando egli era ancora in vita.
Don Antonio, il prete rosso, fu in realtà presto dispensato dal servizio delle Messe, ufficialmente per via delle sue cattiva condizioni di salute. È vero che le condizioni fisiche di Vivaldi erano cagionevoli, ma sicuramente non al punto tale da dispensare un prete dal dire messa, servizio che di per sé non richiede uno sforzo fisico importante.
Molto probabilmente fu lo stesso Vivaldi a farsi dispensare da questo servizio per avere più tempo da dedicare alla scrittura e alla direzione, regia, nonché organizzazione degli spettacoli, nei vari teatri di Venezia.
Vivaldi e l’Ospedale della Pietà
Vivaldi fu il Maestro di violino e di orchestra delle ragazze dell’Ospedale della Pietà. Questa istituzione era una via di mezzo tra un orfanotrofio femminile, una casa di assistenza per giovani ragazze e un conservatorio di musica.

La chiesa della Pietà, limitrofa all’ospedale, sulla Riva degli Schiavoni divenne il luogo di una delle più celebri attrattive musicali di Venezia. Qui si esibiva l’orchestra diretta proprio da Don Antonio Vivaldi, le cui esecuzioni pubbliche la domenica mattina divennero presto grandi eventi che catalizzavano un sempre maggior numero di astanti, desiderosi di ascoltare i virtuosismi strumentali delle giovani Putte.
Per le ragazze dell’Ospedale della Pietà Vivaldi scrisse la maggior parte dei suoi concerti (quasi trecento furono solo quelli per violino), senza dimenticare gli altri concerti per strumenti diversi, ivi compresi fiati e strumenti a pizzico.
Le Cantate e la musica sacra di Vivaldi
Assai ricca fu anche la produzione di Cantate e di musica sacra, eseguite sempre dagli organici strumentali e vocali della suddetta istituzione. Nel 1705 fu stampata a Venezia l’Opera Prima “12 Suonate da camera a tre” per due violini e basso continuo.
Il basso continuo non è un strumento, ma una pratica compositiva tipica del periodo barocco che impiegava un gruppo di strumenti: violoncello, clavicembalo, organo, liuto, violone e fagotto, che possono sovrapporsi tra loro, sostituendosi l’un l’altro alla bisogna.
Titoli delle opere di Antonio Vivaldi
All’opera 1 ne seguirono altre undici edite ad Amsterdam. Tra queste alcune dai titoli più pittoreschi.
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- Opera 3 “L’Estro armonico” (ed. 1712) 12 concerti per violini solisti e orchestra d’archi suddivisi in quattro sottogruppi da tre concerti cadauno per quattro violini solisti, due violini solisti e singolo violino solista.
- Opera 4“ La Stravaganza” (ed. 1713) 12 concerti per violino solista e orchestra.
- Opera 8 “Il cimento dell’armonia e dell’invenzione” (ed. 1722) 12 concerti per violino solista e orchestra i cui primi quattro sono le celeberrime “stagioni”, seguite poi da altri concerti titolati come il numero 5 “La tempesta di Mare”, il numero 6 “Il piacere” e il numero 10 “La caccia”.
- Opera 9 “La Cetra” (ed. 1727) 12 concerti per violino solista e orchestra.
 
La produzione operistica di Antonio Vivaldi
Con “Ottone in Villa” (ed. 1713) iniziò la sontuosa produzione operistica. Molte composizioni operistiche sono rimaste per lunghi anni inedite. Oggi si conoscono: Farnace, Catone in Ustica, La fida ninfa, Griselda, Tito Manlio e Orlando.
I concerti
A volte Vivaldi amava anche intitolare i suoi concerti strumentali:
“La tempesta di mare” esistente in due versioni che si riconoscono solo per il titolo uguale, ma musicalmente differenti tra loro, “La notte” e “Il Cardellino” per flauto e orchestra.
Infine dei concerti per violino solista e orchestra dedicati alle “Humane Passioni” (così definiti da Vivaldi) che sono: “Il favorito” in Mi minore, “L’inquietudine” in Re maggiore, “Il sospetto” in Do minore, “L’amoroso” in Mi maggiore, “Il piacere” in Do maggiore.
Tutte le composizioni di Vivaldi, accanto al gusto coloristico, furono intrise di un’esuberanza ritmica e un carattere cantabile, divenuti una sorta di firma universale della musica italiana e veneziana del Settencento.
“Le humane passioni”
Alcune composizioni di Antonio Vivaldi si ricordano proprio per la “scatenata inventiva” nelle titolazioni. Sostantivi e aggettivi scelti rimandando a un interesse dell’autore condiviso da tutta l’arte barocca, come noto vivificata dall’imitazione naturalistica, per l’esplosione dei rapporti tra musica e descrizione.
Se la serie delle Quattro Stagioni rappresenta il modello onomatopeico e musicale più noto, basta sfogliare un qualsiasi catalogo discografico di Vivaldi per imbattersi in appellativi dalle molteplici suggestioni.
Alcune esplicitamente narrative, altre più allusive e qualche volta anche sessualmente maliziose. Le passioni “umane” richiamate in alcuni concerti per violino, archi e basso continuo sono intrise di particolari allusioni e dovizia di particolari musicali proprie del madrigalismo vocale del tardo Cinquecento, tracciando un intrigante e originale itinerario tra gli stati d’animo dell’uomo, stenografati dai disegni fisici dei violini e degli archi durante l’esecuzione.
Concerti per violino, archi e basso continuo
Di seguito una disamina di concerti per violino, archi e basso continuo titolati.
La sigla RV davanti al numero dell’opera fa riferimento alla catalogazione di tutti i lavori di Vivaldi effettuata dal musicologo Peter Ryom.
L’enigmatico concerto in Sol minore RV153 “Originale” risulta essere una domanda senza autentica risposta. Del resto questo anomalo concerto ha di per sé ragioni per incuriosire e per appartenere pianamente al clima emotivo dei concerti titolati.
Anche al di là dell’inaspettata scritta che Vivaldi appose non in fase di prima stesura (della partitura si conoscono almeno quattro successive varianti scritte tra il 1718 e il 1720) e che forse era stata pensata ritenendo quella la versione definitiva appunto “originale”.
Fin dall’aspro inizio, ma sopratutto nei due movimenti che seguono, si ha la sensazione che il compositore voglia evocare una passione o un affetto melodrammatico di tono severo e addirittura in alcuni momenti tragico. Lo suggerisce la scelta tonale d’impianto in minore, lo rimarcano sia la convulsa fuga che innerva l’allegro assai dell’ultimo movimento, sia la marcia-sarabanda cadenzata che sostanzia il secondo movimento Andante che risulta spoglio in stile delle sonate da chiesa.
Nel 1720 quasi certamente furono scritti “Il sospetto” RV199, “L’inquietudine” RV234 e “L’amoroso” RV271, delizioso trittico di passioni ben richiamate da Cesare Fertonani, professore associato nel Dipartimento di Storia delle arti, della musica e dello spettacolo dell’Università di Milano, quando osserva che “si può ammettere in linea di principio l’ipotesi che i concerti siano ispirati a componimenti poetici oggi non identificabili”, non è da escludere che, gli eventuali versetti poetici, fossero scritti dallo stesso Vivaldi.
Le Quattro Stagioni
Come nella serie delle quattro stagioni l’esito meravigliosamente animato e amabilmente verosimile delle “humane passioni” messe in intestazione non influisce sull’esemplare declinazione della struttura consueta del concerto, successione tripartita di movimenti allegro, largo o andante, allegro, in cui la formulazione del dialogo tra violino solista e archi poggia su svelte evoluzioni violinistiche specchiate o moltiplicate dalle risposte in progressione dell’orchestra.
Il favorito
Il concerto intitolato “Il favorito” in Mi minore RV277 è sempre in tre movimenti: allegro, andante, allegro. In esso è facilmente individuabile un riferimento alla vena teatrale di Vivaldi .
“Il favorito” è il concerto più raffinato e architettonicamente più ampio della serie dei concerti titolati. Spicca il trattamento aristocratico e imprevedibile della parte solistica, insieme all’insolita ricchezza dell’accompagnamento, che potrebbe suggerire una particolare cura musicale profusa dall’autore nella stesura del concerto, detto perciò “favorito”.
L’inquietudine
Il concerto in Re maggiore RV 234 “L’inquietudine” colpisce per l’impiego allusivo di stilemi strumentali, sopratutto solistici, declinati altrove da Vivaldi in chiave onomatopeica. Ma ogni suggerimento all’ascolto risulta pleonastico, perché una parte della bellezza e del godimento di questi concerti si guadagna proprio accordando fede alle “humane passioni” promesse dai titoli.

Allegoria, astuta trovata commerciale o audaci incentivi poetico-letterari all’estro inventivo vivaldiano? Di certo un suggerimento d’ascolto forte, da assecondare o rifiutare, ma che ci porta nel cuore dell’immaginazione strumentale barocca, di cui Antonio Vivaldi rimane un protagonista unico.
A cura di Antonello Bucca



