
A cura di Giuseppe Trotto
Quello degli appassionati di Alta Fedeltà è un universo composto da individui dissimili fra loro, ma legati proprio da un’attrazione nei confronti dell’ascolto della musica, che spesso diventa sentimento – se non addirittura amore – anche se in qualche occasione può prendere la strada distorta della fobia.
Prima di parlarvi di Bösendorfer VC7…
Vi dicevo che tale impulso alimenta comunicazione e condivisione e tende a creare una rete di scambi di esperienze e opinioni talmente fitta da riuscire a modellare una vera e propria comunità distinta ed estremamente identitaria. All’interno di questa convivono, pur nelle differenze, persone che hanno maturato l’idea che la musica, forma d’arte e di espressione nobilissima, possiede delle virtù taumaturgiche ed emozionali talmente forti da poter influire, in termini di stimoli e soddisfazione, su cervello, corpo e sistema nervoso di ogni essere vivente.
Il potere della Musica
Ovviamente questo potere non avrà mai l’opportunità di sprigionarsi, se la musica verrà relegata a modesto sottofondo del nostro vivere quotidiano e quindi banalmente “sentita”.
No, la musica deve essere “ascoltata”, con attenzione, concentrazione e impegno da una parte, così come deve essere riprodotta accuratamente dall’altra, in maniera fedele all’evento musicale originale, per consentire all’ascoltatore di percepire il suono degli strumenti e delle voci, come pure dei silenzi (ebbene sì, i silenzi hanno un suono).
La mission dell’Alta Fedeltà
Qui si realizza la mission dell’Alta Fedeltà, che è quella di riprodurre la musica con qualità, naturalezza e coerenza, al fine di trasmettere all’ascoltatore delle emozioni autentiche e permanenti.
Il culto dell’Alta Fedeltà contempla la presenza di un sistema di riproduzione sonora che possegga uno standard qualitativo adeguato al raggiungimento dell’obiettivo. Deve cioè saper leggere, gestire e diffondere il messaggio musicale contenuto in un supporto, che si tratti di nastro magnetico, LP, CD o file in streaming. Gli estimatori dell’Hi-Fi vengono comunemente definiti audiofili.
Gli audiofili
Il termine nasconde delle ambiguità perché a volte cela la presenza di individui che orientano la loro adorazione verso il proprio impianto piuttosto che dedicarsi all’essenza della musica, tanto da farsi risucchiare spesso in fenomeni di insoddisfazione e conseguentemente di compulsione da compravendita di apparecchi che non ha mai pace e non arreca alcun progresso, se non gravi danni al portafoglio…
L’Alta Fedeltà ha un ruolo importante nella mia vita – come redattore della rivista Suono posso considerarmi un addetto ai lavori – ma non mi ritengo un audiofilo, anche perché non sopporto le etichette.
Passione per la Musica
Sono un grande appassionato di musica, appena posso partecipo a eventi dal vivo e di tanto in tanto mi cimento nel suonare amatorialmente la chitarra in solitudine, con amici o a qualche festa. Dò sfogo alla mia passione in una stanza dedicata della mia abitazione, che è contemporaneamente luogo di lavoro e ambiente dove ascolto quotidianamente le migliaia di dischi che occupano gli scaffali della libreria che si estende lungo buona parte delle pareti.
Il mio ambiente d’ascolto
Nell’ambiente riservato descritto è presente, anzi direi imperante, un impianto Hi-End che ho costruito nel tempo e che continuo maniacalmente a voler curare e migliorare, sfruttando le conoscenze che ho acquisito negli anni e tenendo sempre la barra verso l’obiettivo sonoro da raggiungere, che non è altro che il mio suono, elaborato e preservato indelebilmente nella mia testa.
L’opportunità di poter scrivere sul blog dell’Istituto Corelli mi ha stimolato una serie di riflessioni sul rapporto esistente tra musicisti e Alta Fedeltà.
Purtroppo, all’interno del movimento che ho sommariamente descritto mancano, o sono presenti in numero esiguo, due categorie: le donne e i musicisti.
Chi manca in questa sorta di community
L’assenza delle donne è un mistero, forse è una questione antropologica, ma non ci sono studi che lo possano accertare.
Peccato, perché il Creatore le ha dotate di un apparato uditivo oltremodo sensibile e sofisticato…
Il musicista, o la musicista, sono concentrati invece sul proprio strumento, ponendo l’attenzione maggiore su aspetti di timbrica, armonia, estensione, corpo e naturalezza dei suoni che lo strumento stesso produce, oltre alla agilità o morbidezza con cui si lascia suonare, ma trascurano gli effetti e i parametri sonori con cui si esprime e si colloca nelle tre dimensioni fisiche dello spazio – ampiezza, altezza e profondità – restando così ignari di come quei suoni provenienti dalla vibrazione di un’ancia, dal pizzico o da un colpo di martelletto su una corda, ovvero dalla percussione di una pelle, possano giungere all’ascoltatore nella loro conformazione tridimensionale.
Il musicista trascura di essere ascoltatore di sé medesimo. Raramente mi è capitato di conoscere un musicista – e ne conosco veramente tanti – che possegga un sistema di ascolto casalingo, anche appena elementare, basico.
Le dotazioni più comuni per l’ascolto in casa di musicisti…
Mi sono sempre trovato al cospetto di impianti, diciamo così, di impostazione pseudo professionale, magari con monitor posizionati alla rinfusa su una mensola, un mixer, cuffie, microfoni, ma tutto senza una logica, defilati quasi a non voler disturbare sua maestà lo strumento.
Questo aspetto, che considero una debolezza, crea una dipendenza da parte del musicista nei confronti del fonico, il quale – e mi assumo la responsabilità di quello che dico – non sempre possiede le adeguate competenze in materia di riproduzione dei suoni.
Qualche volta ho invitato strumentisti vari a casa mia chiedendo loro di portare con sé delle registrazioni alle quali avessero partecipato, così da poterle ascoltare dal mio impianto.
Un risultato sorprendente…
Quello che è emerso è che non sono mai stati in grado di riconoscere il proprio strumento, anzi si mostravano increduli che quel suono potesse essere opera loro.
Tutti i temi toccati in questa introduzione, meriterebbero ben più profonda ponderazione. Ma il fine reale di questo articolo è quello di presentare a coloro che lo leggeranno un componente Hi-End che potrebbe rappresentare l’anello di congiunzione tra l’idiosincrasia del musicista nei confronti dell’Alta Fedeltà e l’ostinazione di quest’ultima a fare le pulci audiofile alle produzioni musicali.
Il marchio Bösendorfer
Sono certo che chi segue questo blog conosca il marchio Bösendorfer. Per chi lo ignora, è opportuno qualche breve cenno. Bösendorfer è una fabbrica di pianoforti che nasce in Austria nel 1838 e prende il nome dalla famiglia fondatrice.
La sua notorietà deriva dal peculiare elegantissimo e raffinato stile costruttivo, dalla livrea abbondante di fregi, intarsi e decorazioni, dalla solidità indistruttibile, oltre che dalle sonorità profonde e potenti.
L’unico veramente “a prova di Franz Liszt”…
Era considerato l’unico pianoforte in grado di resistere senza sofferenza alcuna alle rudi esuberanze virtuosistiche di Franz Liszt.
Altro elemento distintivo è la produzione di un modello, il Concert Grand 290 Imperial, che presenta una tastiera con 97 tasti, otto ottave complete (quella aggiuntiva si estende in basso fino al DO e la fondamentale dello strumento scende fino a 16Hz, che rappresenta la soglia dell’udibile), oltre a una lunghezza di 290cm e la tavola armonica di spessore doppio rispetto all’ordinario.
Da Oscar Peterson a Peter Gabriel
Una moltitudine di artisti, classici, jazz, rock e pop, da Paul Badura-Skoda, passando per Oscar Peterson, fino a Peter Gabriel, hanno suonato o posseduto un Bösendorfer, che si alimenta dal mito, ma continua a vivere la modernità, come testimoniano i modelli Audi e Porsche o la serie Vienna Concert, che sfrutta tutte le possibilità offerte dalla tecnologia della nostra epoca.
Questo afflato sperimentatore e visionario ha avuto la massima espressione nei primi anni 2000, prima che il marchio fosse assorbito dalla Yamaha e poi da Brodmann Acoustics, quando lo staff Bösendorfer, su impulso e progetto dell’esperto di acustica Ing. Hans Deutsch, oggi ultranovantenne, ha intrapreso la produzione di una serie di diffusori acustici destinati al mercato dell’Alta Fedeltà e quindi da inserire nei sistemi di riproduzione casalinghi.
Bösendorfer VC7
Il modello di punta tra i tre della serie citata è il VC7, di cui sono felice possessore e che con tutta probabilità sarà il diffusore definitivo del mio impianto principale.
Non è questo il contesto dove farne una disamina tecnica. Vorrei invece rappresentare i motivi per cui questo oggetto può mettere in stretta relazione l’Alta Fedeltà con il musicista. Esistono molte tipologie di diffusore acustico, bass reflex, sospensione pneumatica, larga banda, dipolo, isobarico, alta o bassa efficienza, open baffle, elettrostatico, a torre, da stand ecc., con altrettante varietà di altoparlanti, materiali e forme.
Tutti i progetti fondano sulla ricerca della maggiore rigidità strutturale possibile e sull’abbattimento delle risonanze.
I criteri di progettazione Bösendorfer VC7
Questo significa che il trasduttore deve essere ancorato in modo che non generi risonanze sul telaio che lo sostiene e allo stesso tempo non subisca quelle di ritorno dalla stanza di diffusione, o altre ancora come ad esempio quelle stazionarie, che si alimentano all’interno del cabinet.
L’idea di Deutsch invece è mutuata dall’esperienza bi-centenaria della Bösendorfer sui pianoforti e sullo studio approfondito del Risonatore di 2° livello.
Più semplicemente la sua teoria costruttiva si basa sul ragionamento che è proprio la risonanza quella che alimenta il suono, esattamente come succede in uno strumento, dove la sollecitazione di un elemento, una corda come un tasto, provoca la formazione di una nota a una determinata frequenza, la quale induce una reazione armonica dei materiali o degli elementi con cui interagisce, che a loro volta diventano amplificatori e diffusori del suono stesso.
Come nascono questi diffusori
L’analisi del comportamento del suono è stata portata avanti sul campo facendo ricerca in collaborazione diretta con gli artisti, oltre che frequentando le sale da concerto, con l’obiettivo di progettare dei diffusori che potessero esprimerne l’autenticità, il realismo e la tridimensionalità all’interno di un ambiente domestico.
La soluzione doveva per forza superare le realizzazioni convenzionali e la strada da perseguire era quella di costruire un oggetto che si comportasse esattamente come uno strumento, con un involucro non da smorzare e silenziare, quanto invece composto da pannelli acustici risonanti, ovvero superfici ampie che si eccitassero con minime vibrazioni, alla stregua della tavola armonica di un cordofono o di un pianoforte.
Differenza fra un altoparlante e uno strumento musicale
La difficoltà da affrontare era quella costituita dal fatto che i generatori acustici erano gli altoparlanti, i quali hanno caratteristiche fisiche e meccaniche non allineabili a quelle proprie di uno strumento musicale.
Fase, impedenza, risposta in frequenza, linearità, resistenza al calore, membrana, sospensioni, dimensioni: sono solo alcuni degli elementi che bisogna contemplare quando si lavora a un progetto del genere.
Dimensioni e peso
Il frutto dell’idea è stato un diffusore da pavimento che misura 133cm in altezza, 40cm in profondità e 19,50cm in larghezza, quindi esile ma alto e profondo, dal peso di 36,50 Kg, per la costruzione del quale sono stati utilizzati gli stessi materiali presenti nei pianoforti, impreziositi dalla laccatura originale Bösendorfer, il cui logo dorato campeggia elegantemente sul frontale e sui laterali.
La cassa non è chiusa, ma presenta, lungo i profili verticali e orizzontali, delle feritoie che veicolano l’uscita dell’aria che si comprime all’interno del cabinet, su entrambi i lati, del quale sono state fissate ben quattro tavole armoniche risonanti, della stessa altezza del corpo, distanziate di 5mm e accordabili a mezzo di sei bulloni.
Le Acoustic Soundboard
Queste Acoustic Soundboard sono regolate con un serraggio che misura 75 cNm (centinewtonmetri, unità di misura dinamometrica) e la calibrazione può essere modificata a piacimento.
La Bösendorfer VC7 ospita ben 6 altoparlanti. Una coppia di tweeter sul frontale e una coppia di mid-woofer a larga banda su entrambe le fiancate, per un totale di 4 per ogni diffusore, che sviluppano una irradiazione perpendicolare al punto di ascolto.
Gli altoparlanti anteriori sono in fase tra loro, ma in controfase rispetto ai laterali. La coppia di tweeter frontali, montati a metà altezza, copre una sezione inusualmente ampia di frequenze, con una gamma che va da 2.500 a 27.000 Hz.
Le coppie di mid-woofer hanno dimensioni molto ridotte, appena 13cm di diametro per singolo trasduttore.
E i bassi?
Ragionando intorno alle teorie correnti, in una cassa tradizionale questa non sarebbe una dimensione idonea a ottenere bassi pieni e profondi. Infatti, la loro capacità di scendere in basso si attesta a 130Hz, ma svolgono il compito fondamentale di salire in alto fino a incrociarsi perfettamente con i tweeter a 2.500 Hz, missione impossibile con un woofer puro.
Parliamo dei valori naturali delle frequenze, mentre le misure effettive hanno portato alla luce una frequenza di incrocio che raggiunge addirittura gli 800 Hz.
Lo sforzo innaturale che devono compiere tutti gli altoparlanti per incrociarsi senza vuoti o lacune ha richiesto la progettazione di un crossover certamente molto semplice, ma con valori di capacità e resistenza estremamente alti, al fine di proteggere i componenti da potenziali verosimili reazioni termiche e meccaniche. Il diffusore però è in grado di restituire una frequenza in basso fino a 25 Hz.
Il risonatore a tromba piatta di seconda generazione
Proprio questo è il momento in cui interviene ciò che viene definito dal costruttore come Second Generation Plate Horn Resonator ovvero “Risonatore a tromba piatta di seconda generazione”, il sistema che trasforma un diffusore Hi-End in uno strumento musicale.

Gli strumenti emettono un suono proveniente da una sorgente molto piccola, che poi viene intercettata da un risonatore dotato di una bocca decisamente più larga, capace di accrescere il carico acustico tanto da scatenare una mole maggiore di pressione atmosferica, rinforzando notevolmente l’emissione sonora.
In sostanza nei Bösendorfer VC7 il volume di aria spostato dai woofer nella loro emissione posteriore, quindi interna al cabinet, viene guidata all’esterno tramite le aperture rettilinee. La bocca è decisamente più grande della sorgente, andando a sollecitare a sua volta le tavole armoniche laterali, con l’effetto, portato ad esempio da Hans Deutsch, di creare un sistema di diffusione amplissima delle frequenze basse, pari a quelle riproducibili da un altoparlante dal diametro di un metro e mezzo.
Linearità e omogeneità senza eguali
La risonanza descritta riesce a gestire armonicamente tutte le frequenze fino a 130 Hz, misura oltre la quale entrano in azione le coppie dei mid-woofer laterali, che andranno a incrociarsi con i tweeter già intorno ai 1.000 Hz. Il tutto con una linearità e una omogeneità sonore ineguagliabili da un progetto convenzionale.
Il suono si arricchirà ulteriormente beneficiando del fatto che, essendo il prodotto di una tavola armonica risonante e quindi non puntiforme, si diffonderà in tutte le direzioni, compresa quella posteriore, ricostruendo, anche in ambito domestico, quella tridimensionalità che è naturale negli eventi musicali dal vivo.
Questo aspetto è solo uno degli innumerevoli pregi attribuibili ai diffusori Bösendorfer VC7. La loro attitudine a essere strumento la si coglie in ogni sfumatura del comportamento sonoro.
Equilibrio e coerenza timbrica
La scena, le cui dimensioni sembrano oltrepassare i limiti della stanza di ascolto, viene ricostruita con naturalezza e credibilità.
Tutti i suoni, che provengano da un pieno orchestrale o da piccoli gruppi, sono chiari, intelleggibili e collocati nella loro dimensione reale. Gli effetti micro e macro-dinamici vengono gestiti con autorevolezza, anche nei passaggi più complessi.
I transienti sono vivaci e completi, senza alcun ridimensionamento di picco. Se collocati correttamente in ambiente e adagiati stabilmente sul pavimento, agendo sulle punte regolabili in ottone di cui sono dotati, restituiranno l’attenzione regalando un’esperienza di ascolto unica e impareggiabile, avvolgendo l’ascoltatore in un’atmosfera intensa e appagante.
Il valore anche estetico
E, dettaglio non certo secondario, sono bellissimi e costituiscono un elemento di arredo signorile e pregevole. Sono aperti a molteplici abbinamenti, sia con elettroniche valvolari che a stato solido, possibilmente di qualità.
Costo e reperibilità sul mercato
Nel momento del loro lancio sul mercato costavano circa 15.000€. Non sono di facile reperibilità nell’usato, ma solo in virtù della loro qualità, che li rende insostituibili.
Per gli appassionati di musica e gli audiofili che posseggono già un impianto di Alta Fedeltà costituiscono un’opportunità per elevarsi a quel livello che viene definito esoterico.
Conclusioni
Per i musicisti possono rappresentare la chiave per entrare in un universo dove il piacere è assicurato, oltre che un vettore che li guidi nel comprendere ed evolvere le proprie attitudini e qualità espressive. Infine, mi rivolgo ancora ai musicisti, vi informo che anche il noto brand Stainway & Sons da qualche anno ha avviato la produzione di diffusori acustici.

Posso solo dirvi che sono meravigliosi e suonano divinamente. Quindi, cari amici musicisti, non avete più alibi…
